I Centenari

I custodi della conoscenza, coloro che hanno vissuto e vivono lo stile di vita Dieta Mediterranea. Gli abitanti di Pollica e delle Terre della Dieta Mediterranea mangiano bene e vivono bene… fino a cent’anni!

Leggi anche “Il Cilento raccontato dagli sguardi dei centenari”

Il Museo Virtuale della Dieta Mediterranea, realizzato dal MedEatResearch – Centro di Ricerche Sociali sulla Dieta Mediterranea dell’Università di Napoli Suor Orsola Benincasa, è da sempre partner e membro del Comitato promotore della candidatura di Pollica e le Terre della Dieta Mediterranea all’UCCN.

Possa campare cent’anni
La ricerca sulla Longevità

Viene presentata qui, attraverso alcuni dei suoi momenti salienti, la ricerca sulla longevità condotta dal MedEatResearch dell’Università “Suor Orsola Benincasa” di Napoli nel 2019. I protagonisti sono donne e uomini ultraottantenni che raccontano aneddoti della loro vita consentendoci di scoprire quel “modello di vita” che ci porta nel cuore della “dieta mediterranea”.

Possa campare cent’anni
La ricerca sulla Longevità

Viene presentata qui, attraverso alcuni dei suoi momenti salienti, la ricerca sulla longevità condotta dal MedEatResearch dell’Università “Suor Orsola Benincasa” di Napoli nel 2019. I protagonisti sono donne e uomini ultraottantenni che raccontano aneddoti della loro vita consentendoci di scoprire quel “modello di vita” che ci porta nel cuore della “dieta mediterranea”.

Armando Pisacane
La “campagna” nel cuore

Armando Pisacane è nato il 10 maggio 1935 a San Mauro Cilento (Salerno). I genitori, entrambi contadini, lo portavano sin da piccolo in campagna a lavorare, dove c’era bisogno di tante braccia per riuscire a sopravvivere. Nel ’59 si è trasferito per 13 anni in Germania, a Stoccarda, in cerca di fortuna e di una vita più confortevole: il lavoro nelle campagne non rendeva sufficientemente.

Oggi, a 84 anni, è tornato a lavorare la terra nella patria natia: cura il suo orto dove coltiva in maniera naturale pomodori, melanzane, peperoni, verdure a foglia verde, tutto il necessario per il fabbisogno quotidiano e raccoglie le olive da cui produce l’olio, alimento più che condimento per gli abitanti del Cilento.

 

Pia Paolillo
Le memorie di una vita tra i campi e l’insegnamento

Nata a San Mauro Cilento (Salerno), insegnante di scuola materna in pensione, Pia Paolillo, a 91 anni compiuti, cura con le proprie mani l’orto dove coltiva “disordinatamente” la frutta e la verdura, che consuma tutti i giorni, e le olive dalle quali fa l’olio con cui condisce l’insalata di pomodori che mangia quasi ogni sera a cena. L’olio del suo orto per Pia è speciale, lo utilizza anche per friggere, a dispetto dei vari oli di girasole o di arachidi comunemente usati per la frittura che a suo parere non hanno sapore.

Fino a 35 anni, prima di dedicarsi all’insegnamento, lavorava la terra insieme alle sorelle. All’epoca le sue giornate erano cadenzate dalla sveglia all’alba, specie in tempo di mietitura quando alle 5:00 del mattino bisognava essere nei campi, colazione alle 10:00 a base di insalata di pomodori e pane fatto in casa, ripresa del lavoro alle 15:00.

Quando era giovane, si era obbligati a mangiare quello che la natura offriva, non c’era la varietà di frutta e verdura artificiale che si trova nei supermercati odierni. La carne, per Pia e la famiglia, rappresentava il cibo dei giorni di festa come la Pasqua, la si mangiava solo una-due volte l’anno. La sua madeleine èl’ “antipasto” preparato dalla madre quando era bambina nel giorno dedicato alla festa della Madonna, la prima domenica dopo Pasqua, in cui si riunivano tutti i parenti: un pezzo di carne bollita tagliato a pezzettini sottilissimi e insaporito con formaggio di capra grattugiato e uova battute, il tutto mischiato con del brodo.

Pia Paolillo
Le memorie di una vita tra i campi e l’insegnamento

Nata a San Mauro Cilento (Salerno), insegnante di scuola materna in pensione, Pia Paolillo, a 91 anni compiuti, cura con le proprie mani l’orto dove coltiva “disordinatamente” la frutta e la verdura, che consuma tutti i giorni, e le olive dalle quali fa l’olio con cui condisce l’insalata di pomodori che mangia quasi ogni sera a cena. L’olio del suo orto per Pia è speciale, lo utilizza anche per friggere, a dispetto dei vari oli di girasole o di arachidi comunemente usati per la frittura che a suo parere non hanno sapore.

Fino a 35 anni, prima di dedicarsi all’insegnamento, lavorava la terra insieme alle sorelle. All’epoca le sue giornate erano cadenzate dalla sveglia all’alba, specie in tempo di mietitura quando alle 5:00 del mattino bisognava essere nei campi, colazione alle 10:00 a base di insalata di pomodori e pane fatto in casa, ripresa del lavoro alle 15:00.

Quando era giovane, si era obbligati a mangiare quello che la natura offriva, non c’era la varietà di frutta e verdura artificiale che si trova nei supermercati odierni. La carne, per Pia e la famiglia, rappresentava il cibo dei giorni di festa come la Pasqua, la si mangiava solo una-due volte l’anno. La sua madeleine èl’ “antipasto” preparato dalla madre quando era bambina nel giorno dedicato alla festa della Madonna, la prima domenica dopo Pasqua, in cui si riunivano tutti i parenti: un pezzo di carne bollita tagliato a pezzettini sottilissimi e insaporito con formaggio di capra grattugiato e uova battute, il tutto mischiato con del brodo.

Antonio Scarpa
La Dieta Mediterranea vivente di Pioppi

Antonio Scarpa è nato a Pioppi il 2 settembre 1926. Per settant’anni ha lavorato come costruttore; oggi si diverte a trascorrere le giornate occupandosi dell’orto e dei suoi animali.

Antonio ha una forte nostalgia dei pranzi della sua giovinezza, quando i cibi erano genuini e saporiti e la famiglia era numerosa e unita. Fin da quando era bambino, i suoi genitori possedevano un pezzo di terra dove coltivavano frutta e verdura e allevavano galline e maiali. Così le sue colazioni erano a base di pane fatto in casa e pomodori, a pranzo e cena non potevano mancare sulla tavola le verdure di stagione e di tanto in tanto un po’ di carne bianca. Nonostante i tempi e i modi dell’alimentazione siano mutati, Antonio continua a mangiare come in passato perché ha conservato l’abitudine, che per lui è anche un piacere, di coltivare il suo orto e allevare i suoi animali. Ci racconta come gli anni ’50 abbiano segnato per Pioppi un cambiamento epocale: la maggior parte della popolazione si è trasferita dalle campagne ai paesi “costruiti”. Da quel momento la cultura contadina e gastronomica del territorio si è gradualmente modificata nel verso dell’industrializzazione e dell’allontanamento della gente comune dai processi di produzione del cibo. Se il litorale di Pioppi era l’approdo delle cianciole dove veniva scaricata un’abbondanza di pesci, in primis alici, oggi quasi più nessun abitante del paese vuole occuparsi di pesca. I tempi e i modi del cibo si sono radicalmente trasformati e ad Antonio e i suoi coetanei non resta che un’amara constatazione velata di malinconia.

Giovanni Del Gaudio,
101 anni Il racconto della civiltà contadina

Giovanni Del Gaudio è nato il 21 dicembre 1918 a Centola (Salerno). Ha vissuto per tutta la sua lunga vita a Montano Antilia (Salerno), nel cuore delle alture cilentane, dove paesini, che sembrano essersi immobilizzati nel tempo, si inerpicano.

Giovanni è uno degli ultimi eredi della civiltà contadina intesa come cultura del lavoro manuale della terra, insieme di valori morali, affettivi, religiosi, familiari e trama sociale della solidarietà.

Nel suo racconto emerge il rimpianto del mondo contadino spazzato via nel secondo dopoguerra che ha rappresentato lo sviluppo delle città e simbolicamente della “modernità”, rompendo la quiete della campagna. Così nelle sue parole tutto assume un colore nostalgico: le attese per la chianga della domenica, una macelleria di campagna dove si andava a prendere la carne che avrebbe costituito il piatto principe delle domeniche, contesa dalla famiglia che includeva, oltre a genitori e figli – spesso numerosi – decine di componenti tra nonni paterni e materni, zii e prozii, cugini lontani e vicini. Le riunioni femminili dalla prima settimana di dicembre per attorcigliare le zeppole di farina integrale che sarebbero state avvolte nel miele per essere consumate e regalate nei giorni di Natale. E finanche i lunghi viaggi verso Palinuro dove si poteva giungere solo camminando, in mancanza di una strada rotabile che sarebbe stata costruita solo più tardi.

Nei paesi ci si aiutava reciprocamente attraverso lo scambio di oggetti: a essere scambiati erano principalmente alimenti, il cibo era considerato un bene di valore all’epoca.

Quando gli abbiamo chiesto quale fosse il segreto per arrivare a 100 anni, ha risposto che era il lavoro manuale. E deve essere proprio così, nel suo caso, se fino a 98 anni, ogni giorno, raccoglieva personalmente la legna che avrebbe scaldato la sua casa.

 

Giovanni Del Gaudio,
101 anni Il racconto della civiltà contadina

Giovanni Del Gaudio è nato il 21 dicembre 1918 a Centola (Salerno). Ha vissuto per tutta la sua lunga vita a Montano Antilia (Salerno), nel cuore delle alture cilentane, dove paesini, che sembrano essersi immobilizzati nel tempo, si inerpicano.

Giovanni è uno degli ultimi eredi della civiltà contadina intesa come cultura del lavoro manuale della terra, insieme di valori morali, affettivi, religiosi, familiari e trama sociale della solidarietà.

Nel suo racconto emerge il rimpianto del mondo contadino spazzato via nel secondo dopoguerra che ha rappresentato lo sviluppo delle città e simbolicamente della “modernità”, rompendo la quiete della campagna. Così nelle sue parole tutto assume un colore nostalgico: le attese per la chianga della domenica, una macelleria di campagna dove si andava a prendere la carne che avrebbe costituito il piatto principe delle domeniche, contesa dalla famiglia che includeva, oltre a genitori e figli – spesso numerosi – decine di componenti tra nonni paterni e materni, zii e prozii, cugini lontani e vicini. Le riunioni femminili dalla prima settimana di dicembre per attorcigliare le zeppole di farina integrale che sarebbero state avvolte nel miele per essere consumate e regalate nei giorni di Natale. E finanche i lunghi viaggi verso Palinuro dove si poteva giungere solo camminando, in mancanza di una strada rotabile che sarebbe stata costruita solo più tardi.

Nei paesi ci si aiutava reciprocamente attraverso lo scambio di oggetti: a essere scambiati erano principalmente alimenti, il cibo era considerato un bene di valore all’epoca.

Quando gli abbiamo chiesto quale fosse il segreto per arrivare a 100 anni, ha risposto che era il lavoro manuale. E deve essere proprio così, nel suo caso, se fino a 98 anni, ogni giorno, raccoglieva personalmente la legna che avrebbe scaldato la sua casa.

 

Giovanna Scalone
Una vita di duro lavoro

Giovanna Scalone è nata il 13 maggio 1931 a Vallo della Lucania (Salerno).

La sua vita è stata segnata dal duro lavoro di campagna nel quale svolgeva anche le mansioni più pesanti che generalmente erano affidate agli uomini, come zappare la terra. Raccoglieva la legna, coltivava patate, fagioli e altri frutti, allevava capre e galline ed era suo compito ucciderle quando c’era la necessità di sfamare la famiglia.

Non ha conosciuto ricchezze e comodità né da bambina né da adulta, ma il ricordo dei cibi che consumava in passato la trasportano con la mente nell’eldorado di sapori della sua giovinezza. La sua storia parte da qui.

 

Bernardino Cappuccio
Il mare dentro

Nato il 14 novembre 1927, Bernardino Cappuccio ha vissuto gran parte della sua vita a Pioppi, tranne che per un intervallo di alcuni anni in cui si è trasferito con la famiglia a Nocera, pur rientrando ogni domenica al paese natio dove ritrovava i genitori. Ha svolto diversi mestieri, ma quelli che lo hanno soddisfatto di più sono il pescatore e il venditore di libri.

Bernardino ci parla del suo amore per il mare – una costante della sua esistenza – e delle sue abilità culinarie e abitudini alimentari.

Bernardino Cappuccio
Il mare dentro

Nato il 14 novembre 1927, Bernardino Cappuccio ha vissuto gran parte della sua vita a Pioppi, tranne che per un intervallo di alcuni anni in cui si è trasferito con la famiglia a Nocera, pur rientrando ogni domenica al paese natio dove ritrovava i genitori. Ha svolto diversi mestieri, ma quelli che lo hanno soddisfatto di più sono il pescatore e il venditore di libri.

Bernardino ci parla del suo amore per il mare – una costante della sua esistenza – e delle sue abilità culinarie e abitudini alimentari.

Mauro D’Agosto
Agricoltura e buon cibo per vivere bene e a lungo

Nato il 4 marzo 1937, figlio di contadini, venditore di mobili di mestiere, Mauro D’Agosto, oggi, andato in pensione, si dedica all’agricoltura ricordando i tempi in cui i suoi genitori zappavano i campi con la zappa.

Per Mauro l’agricoltura è il passatempo più bello che possa esistere nella vita. Un modo per riconciliarsi con la terra e andare contro la corrente delle multinazionali che vendono cibi in serie di cui non si conosce il vero contenuto. Tutt’altra cosa da quando le donne e gli uomini del Cilento facevano o’ lvino: si prendevano i semi dai vari frutti per collocarli nella parte più fertile del terreno, quando nascevano le piantine, queste venivano piantate nell’orto. Ora, invece, le piantine da mettere negli orti vengono comprate e non si sa, ci dice Mario, se sono «buone o cattive».

Ma il passato non è solo color oro: fino agli anni ’50 il cibo scarseggiava e “la fame” non era solo una espressione retorica enfatizzante la povertà se, come racconta, a costituire un pasto erano spesso le erbe selvatiche che crescono spontaneamente nei terreni. Il rovescio della medaglia erano i baratti di cibi, come le alici, che le donne da Agnone recavano in ceste sul capo, scambiate con l’olio di San Mauro Cilento; uno stratagemma di solidarietà sociale col quale si sopperiva a dei bisogni primari e alla mancanza di moneta.

La dieta di questo energico ottantenne cilentano è caratterizzata da molta frutta e verdura che provengono direttamente dal suo orto, legumi, pastasciutta e un bicchiere di vino rosso fatto con le proprie mani. Di carne ne mangia poca. La domenica però non possono mancare sulla sua tavola i fusilli fatti in casa con il sugo di carne di capra.

 

Luigia Petillo
Una vita di passioni

Dal garage alla cucina si contano 60 scalini e lei li fa 5-6 volte al giorno. A Luigia Petillo, 89 anni  (nata il 6 maggio 1930), piace stare in movimento, il suo sport è prendersi cura della casa e passeggiare. Viaggiare è la sua passione perché nel viaggio non si smette mai di scoprire e di imparare.

A 16 anni si è fidanzata e a 26 ha sposato lo stesso uomo, 40 lunghi e intensi anni trascorsi insieme tra Napoli, dove il marito lavorava, e San Mauro Cilento, la sua terra di origine. Un amore forte infranto solo dalla morte di lui. Lei ama ripetere come un dogma che è stata 10 anni sposata e 40 anni fidanzata, la freschezza del loro amore si rinvigoriva col passare del tempo invece di appassire.

I genitori di Luigia sono stati entrambi longevi; il padre a 103 anni compiuti aveva il desiderio di comprarsi un pianoforte per continuare a seguire la sua inclinazione di suonare strumenti musicali a orecchio, un dono che aveva sempre avuto.

Luigia odia i concimi e nel suo orto mette solo letame: ha appreso la lezione del padre che coltivava olive, frutta e verdura senza coadiuvanti chimici.

Tre sono i cibi che in assoluto Luigia preferisce: broccoli di rapa, carciofi e pizza margherita. Il suo debole sono i dolci e i gelati, lo sono stati sin da piccola; con un pizzico di orgoglio ricorda i tempi in cui bambina rubava dalla dispensa dei pezzi di zucchero interi sfuggendo ai divieti della madre. Impressa nella sua mente è anche l’attesa per l’arrivo delle pasticelle, dolci di pasta fritta ripieni di mandorle o castagne,che marcavano l’inizio del Natale.

 

Luigia Petillo
Una vita di passioni

Dal garage alla cucina si contano 60 scalini e lei li fa 5-6 volte al giorno. A Luigia Petillo, 89 anni  (nata il 6 maggio 1930), piace stare in movimento, il suo sport è prendersi cura della casa e passeggiare. Viaggiare è la sua passione perché nel viaggio non si smette mai di scoprire e di imparare.

A 16 anni si è fidanzata e a 26 ha sposato lo stesso uomo, 40 lunghi e intensi anni trascorsi insieme tra Napoli, dove il marito lavorava, e San Mauro Cilento, la sua terra di origine. Un amore forte infranto solo dalla morte di lui. Lei ama ripetere come un dogma che è stata 10 anni sposata e 40 anni fidanzata, la freschezza del loro amore si rinvigoriva col passare del tempo invece di appassire.

I genitori di Luigia sono stati entrambi longevi; il padre a 103 anni compiuti aveva il desiderio di comprarsi un pianoforte per continuare a seguire la sua inclinazione di suonare strumenti musicali a orecchio, un dono che aveva sempre avuto.

Luigia odia i concimi e nel suo orto mette solo letame: ha appreso la lezione del padre che coltivava olive, frutta e verdura senza coadiuvanti chimici.

Tre sono i cibi che in assoluto Luigia preferisce: broccoli di rapa, carciofi e pizza margherita. Il suo debole sono i dolci e i gelati, lo sono stati sin da piccola; con un pizzico di orgoglio ricorda i tempi in cui bambina rubava dalla dispensa dei pezzi di zucchero interi sfuggendo ai divieti della madre. Impressa nella sua mente è anche l’attesa per l’arrivo delle pasticelle, dolci di pasta fritta ripieni di mandorle o castagne,che marcavano l’inizio del Natale.

 

Angelo Feo
La terra e la gentilezza

Angelo Feo è nato il 18 luglio 1931 a San Mauro Cilento. Nel racconto della sua storia di vita si legge una grande nostalgia per il passato. Di quando l’occupazione principale degli abitanti dei paesi del Cilento era “coltivare il terreno”, un’espressione che, ascoltando le sue parole, si potrebbe tradurre con l’aiutarsi reciprocamente, vivere lentamente e conservare i saperi e le tradizioni lasciate in consegna dalle generazioni precedenti.

Tuffandosi nella sua giovinezza, ad Angelo tornano alla mente i dolci con crema e cioccolato fatti in casa, la pasta al ragù, la pasta arrostita sul fuoco vivo della brace che segnava i tempi di festa, la pasta e fagioli – piatto ordinario della sua infanzia – il pane casereccio e i cavatielli preparati tra le mura domestiche dalla moglie. Erano quelli che lui definisce i “tempi d’oro” della sua esistenza perché la gentilezza era il codice di comportamento sociale predominante.

Da allora, la dieta di Angelo non sembra essere cambiata di molto: se c’è una cosa a cui oggi non sa rinunciare, questa è la frutta. Mentre evita tutto quello che sente gli faccia male, in primis liquori, vino e caffè. Nei suoi pranzi la pasta e fagioli è ancora una costante. Così come la pasta col sugo di carne la domenica, l’unico rimpianto è che si faccia sempre meno in casa e venga spesso comprata dai rivenditori.

Il suo cibo del cuore sono gli argentini, dei piccoli pesci che consumava gioiosamente con la moglie, scomparsa non molto tempo fa, e gliela ricordano scaldandogli il cuore e lasciandogli un velo di tristezza sul bel volto segnato dal tempo. A dimostrazione che il cibo non è solo il carburante del corpo, ma simboleggia anche le relazioni e i sentimenti.

 

Amalia Esposito,
102 anni Il tempo della terra

Amalia Esposito è nata a Centola il 5 gennaio 1917. Figlia di una madre levatrice e sarta e di un padre lavoratore della terra, per gran parte della sua vita è stata una contadina. Ricorda come le sue giornate trascorressero zappando, allevando gli animali e cantando. Nel suo racconto usa sempre il plurale “zappavamo, cantavamo, curavamo gli animali”, come a sottolineare quanto la collettività nel mondo contadino scavalcasse l’individualità.

In campagna il pranzo era costituito da un tozzo di pane e del formaggio, mentre la sera si mangiava spesso la pasta e fagioli. Talvolta la pastasciutta e il minestrone. La carne – intesa come carne rossa – si consumava solo se si avevano abbastanza risparmi da poterla comprare; in alternativa, di tanto in tanto si ammazzava una delle galline che la maggior parte delle popolazioni contadine del Cilento nella prima metà del Novecento possedeva.

Madre di 5 figli, la vita di Amalia è stata all’insegna del lavoro fuori e dentro le mura domestiche. Ma non ha mai dimenticato, nonostante una esistenza faticosa, di aiutare gli altri, soprattutto quando la miseria della prima parte del secolo scorso colpiva indiscriminatamente. 

Il marito di Amalia aveva una vigna dalla quale ricavavano del vino rosso di campagna che consumavano quotidianamente. Se è vero che le abitudini sono dure a morire, Amalia ne è la prova lampante visto che ancora a 102 anni beve tutti i giorni almeno un bicchiere di vino rosso!

 

Amalia Esposito,
102 anni Il tempo della terra

Amalia Esposito è nata a Centola il 5 gennaio 1917. Figlia di una madre levatrice e sarta e di un padre lavoratore della terra, per gran parte della sua vita è stata una contadina. Ricorda come le sue giornate trascorressero zappando, allevando gli animali e cantando. Nel suo racconto usa sempre il plurale “zappavamo, cantavamo, curavamo gli animali”, come a sottolineare quanto la collettività nel mondo contadino scavalcasse l’individualità.

In campagna il pranzo era costituito da un tozzo di pane e del formaggio, mentre la sera si mangiava spesso la pasta e fagioli. Talvolta la pastasciutta e il minestrone. La carne – intesa come carne rossa – si consumava solo se si avevano abbastanza risparmi da poterla comprare; in alternativa, di tanto in tanto si ammazzava una delle galline che la maggior parte delle popolazioni contadine del Cilento nella prima metà del Novecento possedeva.

Madre di 5 figli, la vita di Amalia è stata all’insegna del lavoro fuori e dentro le mura domestiche. Ma non ha mai dimenticato, nonostante una esistenza faticosa, di aiutare gli altri, soprattutto quando la miseria della prima parte del secolo scorso colpiva indiscriminatamente. 

Il marito di Amalia aveva una vigna dalla quale ricavavano del vino rosso di campagna che consumavano quotidianamente. Se è vero che le abitudini sono dure a morire, Amalia ne è la prova lampante visto che ancora a 102 anni beve tutti i giorni almeno un bicchiere di vino rosso!

 

Vittorio Colantuono
Abitudini alimentari di un contadino

Vittorio Colantuono ha 90 anni ed è nato a Villanova del Battista. “In campagna”, non “in paese”, come sottolinea lui stesso. Ed è in campagna che ha sempre vissuto, dividendo la sua infanzia tra le ore di scuola e quelle di lavoro.

Vittorio ama fare una abbondante prima colazione e poi mangiare direttamente a cena, forse memore della sua gioventù contadina quando ci si alzava molto presto e, per mettersi in forze, ci si nutriva abbondantemente, aspettando poi la sera per cenare con calma e ristorarsi dalla fatica. Non beve vino, non lo ama. Ama invece la birra, oltre all’acqua e al caffè. Gli piace leggere più che guardare la tv. Leggere i quotidiani, ma “non tutti i giorni” perché – a suo dire – coloro che sono intervistati, soprattutto i politici, sono tutti bugiardi.

 

Veturia Vestucci
I sapori del Cilento

Veturia Vestucci è nata il 5 settembre del 1930 a San Mauro Cilento (Salerno). La sua era una famiglia contadina anche se la madre faceva la sarta ed era molto apprezzata. Essendo la penultima di sei figli, di cui tre donne, nata a poca distanza dall’ultimo fratello, divenuto poi medico, non ha lavorato in campagna ma ha gestito il negozio di famiglia.

Veturia ha fatto dunque lavori ritenuti “forti”, come quello di caricare e scaricare le bombole di gas e gestire l’area dei carburanti del paese. Si è sposata ma suo marito è andato via presto, prima ancora che potessero avere dei figli, così lei ha continuato a occuparsi delle economie della famiglia d’origine.

Veturia sostiene di “avere corso la vita” ovvero avere vissuto appieno tutte le tappe della propria esistenza. Non rimpiange nulla però del passato perché era tempo di miseria. Ricorda tuttavia con piacere le sere intorno al fuoco, a mangiar castagne, in un tempo in cui ci si riuniva quotidianamente al termine della giornata di lavoro. Oggi – dice Veturia – non è più così, “i paesi sono finiti”.

Ama mangiare le ricette tradizionali cilentane, che sa cucinare anche molto bene ma che custodisce per tirar fuori dal cassetto dei ricordi solo quando riceve le visite dei nipoti. Per sé cucina più spesso la “ciambotta” (misto di verdure cilentane) che ritiene “sfiziosa” e qualche primo piatto di pasta.

Come vivere bene e a lungo? Il suo segreto è “non restare mai a bocca aperta” ma riempirsi la vita di piacevoli interessi.

 

Veturia Vestucci
I sapori del Cilento

Veturia Vestucci è nata il 5 settembre del 1930 a San Mauro Cilento (Salerno). La sua era una famiglia contadina anche se la madre faceva la sarta ed era molto apprezzata. Essendo la penultima di sei figli, di cui tre donne, nata a poca distanza dall’ultimo fratello, divenuto poi medico, non ha lavorato in campagna ma ha gestito il negozio di famiglia.

Veturia ha fatto dunque lavori ritenuti “forti”, come quello di caricare e scaricare le bombole di gas e gestire l’area dei carburanti del paese. Si è sposata ma suo marito è andato via presto, prima ancora che potessero avere dei figli, così lei ha continuato a occuparsi delle economie della famiglia d’origine.

Veturia sostiene di “avere corso la vita” ovvero avere vissuto appieno tutte le tappe della propria esistenza. Non rimpiange nulla però del passato perché era tempo di miseria. Ricorda tuttavia con piacere le sere intorno al fuoco, a mangiar castagne, in un tempo in cui ci si riuniva quotidianamente al termine della giornata di lavoro. Oggi – dice Veturia – non è più così, “i paesi sono finiti”.

Ama mangiare le ricette tradizionali cilentane, che sa cucinare anche molto bene ma che custodisce per tirar fuori dal cassetto dei ricordi solo quando riceve le visite dei nipoti. Per sé cucina più spesso la “ciambotta” (misto di verdure cilentane) che ritiene “sfiziosa” e qualche primo piatto di pasta.

Come vivere bene e a lungo? Il suo segreto è “non restare mai a bocca aperta” ma riempirsi la vita di piacevoli interessi.

 

Pasqualino Vestucci
Stile di vita del neuropsichiatra dal Cilento

Pasqualino Vestucci, classe 1929, è nato a San Mauro Cilento ma ha trascorso buona parte della sua vita a Napoli, insegnando come docente di Neuropsichiatria infantile presso l’ateneo federiciano.

Per lui la Dieta Mediterranea fa parte di quegli stili di vita che consentono, unitamente al patrimonio genetico e alla limitata incidenza di infezioni virali o batteriche, di allungare la vita e soprattutto di vivere bene.

Attualmente in pensione, Pasqualino ricostruisce in questa intervista i tempi della sua infanzia in campagna e i ricordi dei piatti preparati dalla madre e dalle sorelle, ricordando in particolare l’uovo fritto, di gran lunga preferito alle verdure. Anche negli anni della sua vita napoletana, Pasqualino non ha dimenticato le radici cilentane, continuando a far coltivare il suo orto e in particolare il suo oliveto da cui prendeva l’olio con cui condiva i piatti e realizzava in casa le fritture.

Maria Di Rienzo
La dura vita di campagna

Maria Di Rienzo è una delle donne più amate di Pioppi, frazione di Pollica (Salerno), luogo eletto da Ancel Keys e Margaret Haney come residenza estiva. La sua mimica facciale completa con efficacia le frasi spesso smorzate che sono presenti in questa intervista.

Maria è nata nel 1926 e ha sempre trascorso la sua vita lavorando, portando la zappa “meglio degli uomini”. Secondo lei, il segreto per vivere bene e a lungo è proprio questo: lavorare, non stare mai fermi.

Dai suoi racconti si evince un’infanzia dura, durissima, sesta di dieci figli e spesso senza cibo. Oggi invece Maria mangia in abbondanza, mangia “sempre”, quasi come riscatto per soddisfare una fame vissuta troppo a lungo. E mangia quei piatti semplici che sanno di autenticità: l’acquasale, i fusilli col ragù di capra e il formaggio di capra grattugiato, molte verdure, il pollo con le patate, la frittata. Non parla mai di dolci.

Cucina lei, e talvolta prepara pasta fresca anche per gli altri. Non ha nessuno che le sbrighi le faccende domestiche ma è lei stessa a soccorrere eventuali persone che ne hanno bisogno.

Se in passato la mamma è stata costretta a elemosinare di allevare una capra in più per sfamare i suoi bambini o andare al mulino con del grano per fare loro la pasta, oggi Maria è felice di avere costruito un palazzo intero per i suoi due figli, simbolo di un lavoro e di un tempo che hanno saputo essere galanti.

Maria Di Rienzo
La dura vita di campagna

Maria Di Rienzo è una delle donne più amate di Pioppi, frazione di Pollica (Salerno), luogo eletto da Ancel Keys e Margaret Haney come residenza estiva. La sua mimica facciale completa con efficacia le frasi spesso smorzate che sono presenti in questa intervista.

Maria è nata nel 1926 e ha sempre trascorso la sua vita lavorando, portando la zappa “meglio degli uomini”. Secondo lei, il segreto per vivere bene e a lungo è proprio questo: lavorare, non stare mai fermi.

Dai suoi racconti si evince un’infanzia dura, durissima, sesta di dieci figli e spesso senza cibo. Oggi invece Maria mangia in abbondanza, mangia “sempre”, quasi come riscatto per soddisfare una fame vissuta troppo a lungo. E mangia quei piatti semplici che sanno di autenticità: l’acquasale, i fusilli col ragù di capra e il formaggio di capra grattugiato, molte verdure, il pollo con le patate, la frittata. Non parla mai di dolci.

Cucina lei, e talvolta prepara pasta fresca anche per gli altri. Non ha nessuno che le sbrighi le faccende domestiche ma è lei stessa a soccorrere eventuali persone che ne hanno bisogno.

Se in passato la mamma è stata costretta a elemosinare di allevare una capra in più per sfamare i suoi bambini o andare al mulino con del grano per fare loro la pasta, oggi Maria è felice di avere costruito un palazzo intero per i suoi due figli, simbolo di un lavoro e di un tempo che hanno saputo essere galanti.

Giuseppe Barbiero
I tempi del grano

Giuseppe Barbiero, detto Peppino, è nato a Jelsi (Campobasso) nel 1940. “Con la guerra”, dice lui. Ha sempre fatto il contadino, anzi il produttore di grano. Un grano di cui parla con orgoglio ma anche con rassegnazione per l’impossibilità di riuscire a ottenere il giusto compenso dal lavoro compiuto.

Giuseppe racconta la mietitura, quella che si faceva in passato, completamente a mano e che durava “dall’alba al tramonto”. Oggi invece – dice Peppino – tutto avviene più velocemente grazie alle macchine. Prima però “si cantava”, ci si divertiva di più, nonostante si faticasse molto di più.

Mangia cibi genuini, Giuseppe. E beve vino, perché quello è la sua “risorsa” per mantenersi in attività.

Evelina Scarpa
Storie di pane

Evelina Scarpa è sposata da circa 70 anni e ha vissuto tra Gioi, in Cilento e la Svizzera. Il suo racconto è tutto incentrato sulla farina e sui suoi diversi usi. Si inizia dai fusilli, quelli fatti arrotolando la pasta intorno a un ferretto per filare e che, dal Cilento, hanno conquistato il mondo. Oggi quei fusilli – ci racconta – non vengono più tramandati di generazione in generazione come un tempo e non sono più neppure appannaggio esclusivo delle donne, fino a qualche decennio fa uniche detentrici del sapere.

Evelina sa fare il pane in casa, ha dovuto imparare a farlo perché da piccoli, con una madre che partoriva un nuovo figlio ogni due anni, non c’erano soldi a sufficienza per comprare gli alimenti. Una zia contadina (e per questo motivo più agiata, dice Evelina) dava alla sua famiglia ulteriori due tessere, una sorta di reddito di cittadinanza nato ai tempi della dittatura fascista, ma anche queste non bastavano. Così spesso si andavano a raccogliere erbe spontanee ai bordi della strada per i restanti giorni del mese in cui non c’era da mangiare.

Per Evelina la Dieta Mediterranea “è tutta qui”, nel ricordo della madre (il recipiente in cui si impastava il pane) e di sua madre, Adelina, che divideva la sua razione di pane tra i tanti figli, non avendo lei più nulla di cui cibarsi.

Evelina Scarpa
Storie di pane

Evelina Scarpa è sposata da circa 70 anni e ha vissuto tra Gioi, in Cilento e la Svizzera. Il suo racconto è tutto incentrato sulla farina e sui suoi diversi usi. Si inizia dai fusilli, quelli fatti arrotolando la pasta intorno a un ferretto per filare e che, dal Cilento, hanno conquistato il mondo. Oggi quei fusilli – ci racconta – non vengono più tramandati di generazione in generazione come un tempo e non sono più neppure appannaggio esclusivo delle donne, fino a qualche decennio fa uniche detentrici del sapere.

Evelina sa fare il pane in casa, ha dovuto imparare a farlo perché da piccoli, con una madre che partoriva un nuovo figlio ogni due anni, non c’erano soldi a sufficienza per comprare gli alimenti. Una zia contadina (e per questo motivo più agiata, dice Evelina) dava alla sua famiglia ulteriori due tessere, una sorta di reddito di cittadinanza nato ai tempi della dittatura fascista, ma anche queste non bastavano. Così spesso si andavano a raccogliere erbe spontanee ai bordi della strada per i restanti giorni del mese in cui non c’era da mangiare.

Per Evelina la Dieta Mediterranea “è tutta qui”, nel ricordo della madre (il recipiente in cui si impastava il pane) e di sua madre, Adelina, che divideva la sua razione di pane tra i tanti figli, non avendo lei più nulla di cui cibarsi.

Diodoro Ricci
I cibi naturali di San Marco dei Cavoti

Diodoro Ricci è uno dei produttori di grano di San Marco dei Cavoti (Benevento) impegnato nella rituale Sfilata del giglio che si svolge ogni anno a luglio come segno di ringraziamento per il raccolto e atto di buon auspicio per l’anno successivo.

Diodoro dice di mangiare oggi cibi più genuini rispetto a quando era giovane, in quanto solo in età adulta ha iniziato a coltivare la terra, avendo così accesso ai beni in essa prodotti. Diodoro fa due pasti al giorno: non fa mai colazione, preferisce dei carboidrati a pranzo e poi un secondo a cena (carne, pesce o verdure). Vino ne beve, sia bianco che rosso. Il vero bene prezioso è però l’olio che egli stesso coltiva, un olio che è “croce e delizia”. Delizia per le qualità del prodotto, croce per l’impossibilità di ottenere dal mercato una retribuzione che sia pari al lavoro sostenuto per produrlo.

Carmine Di Pizzo
Memorie rurali

Carmine Di Pizzo ha 90 anni e ha sempre vissuto a Cuccaro Vetere (Salerno), eccezion fatta per il servizio militare che ha svolto in Cavalleria a Torino. Di professione “contadino e manovale”, è figlio di contadini e nella sua vita ha sempre lavorato, “da quando era piccolo”. Carmine ha una grande attenzione verso il proprio orto che ancora oggi cura personalmente. Non ama invece l’allevamento, che affida di fatto a suo genero, il marito della figlia.

Carmine mangia secondo i dettami della Dieta Mediterranea: molti ortaggi e legumi, olio extravergine di oliva per condimento, la pastasciutta come mantra e qualche fetta di salame o formaggio, poca carne. Se però gli si chiede se conosce la Dieta Mediterranea risponde che non si interessa di questioni politiche.

Carmine Di Pizzo
Memorie rurali

Carmine Di Pizzo ha 90 anni e ha sempre vissuto a Cuccaro Vetere (Salerno), eccezion fatta per il servizio militare che ha svolto in Cavalleria a Torino. Di professione “contadino e manovale”, è figlio di contadini e nella sua vita ha sempre lavorato, “da quando era piccolo”. Carmine ha una grande attenzione verso il proprio orto che ancora oggi cura personalmente. Non ama invece l’allevamento, che affida di fatto a suo genero, il marito della figlia.

Carmine mangia secondo i dettami della Dieta Mediterranea: molti ortaggi e legumi, olio extravergine di oliva per condimento, la pastasciutta come mantra e qualche fetta di salame o formaggio, poca carne. Se però gli si chiede se conosce la Dieta Mediterranea risponde che non si interessa di questioni politiche.

Michele di Gregorio
Una vita tra il Cilento e la Germania

Michele Di Gregorio ha vissuto buona parte della sua vita a Stoccarda ma, a un certo punto, affetto da una sintomatologia inspiegabile, decide di rivolgersi a un medico, il quale gli consiglia di tornare al suo paese, San Mauro Cilento (Salerno). Da quel momento, è totalmente guarito e gestisce un agriturismo a conduzione familiare.

Le storie che Michele racconta lasciano trapelare la visione di un uomo che ha maturato nel tempo l’idea che bisogna essere felici per vivere bene e stare bene. Il lungo matrimonio con la moglie, che dura da 50 anni e le iniziali riluttanze ad avere un figlio testimoniano la volontà di vivere appieno la vita, scandendone i ritmi biologici e culturali. Parimenti, Michele ha una sua visione della regolarità della vita che si scontra con quella militare (fatta di comandi e ordini) che pure aveva provato a seguire. Nonostante tutto, dichiara che dentro ancora oggi è rimasto “molto tedesco”.

Michele conosce benissimo la storia della Dieta Mediterranea, dichiara di avere anche conosciuto Ancel Keys, il “professore”, come lo chiama lui. Oggi mangia verdure, molti legumi, ama poco i pomodori ma frigge in olio extravergine di oliva.

Il suo segreto per vivere a lungo? “Fare molto amore”.

Alborina Silano,
100 anni Il segreto della longevità? Verdure e lunghe camminate

Il segreto per arrivare a 100 anni? Alborina Silano, classe 1919, vissuta tra Grottaminarda e Villanova del Battista, in provincia di Avellino, non sa dire quale sia. Ma nel racconto della sua storia si scorgono gli elementi di uno stile di vita “mediterraneo”.

Da ragazzina aiutava la madre e le sorelle a preparare le pagnotte che l’indomani avrebbero portato al forno comune. Nell’impasto del pane aggiungevano delle patate che ne preservavano la morbidezza per diversi giorni. A quei tempi il cibo aveva un altro valore, doveva conservarsi più a lungo, niente poteva buttarsi e il lavoro andava ottimizzato poiché non esistevano le facilitazioni alimentari di oggi (surgelati, precotti, frigoriferi).

Da giovane donna lavorava come direttrice delle poste – che all’epoca significava consegnare a mano le missive, interfacciarsi con il pubblico, gestire l’ufficio e fare tutti i conti. Fino all’anno prima di andare in pensione non possedeva un’auto: camminava, tanto, da casa all’ufficio postale e ritorno, camminava per consegnare la posta in ogni casa del paese e per svolgere le faccende domestiche. Tornata a casa, cucinava appiccando il fuoco per terra perché la cucina come noi la conosciamo lì non era arrivata.

Lei, donna lavoratrice negli anni ’50-’60, non aveva molto tempo da dedicare all’arte culinaria, a mano preparava solo i ravioli di cui il marito andava ghiotto, anche se era in grado di forgiare, come le aveva insegnato la madre, tutte le varietà di pasta fatta in casa: cavatelli, orecchiette, tagliatelle! Oggi si sveglia quando sorge il sole e va a dormire alle dieci di sera. La sua pietanza preferita è, senza ombra di dubbio, la verdura! Dalla cicoria alla verza, dai peperoni ai broccoli. A seguire una varietà di legumi. E ad accompagnare i pasti 1-2 bicchieri di vino rigorosamente rosso.

Alborina Silano,
100 anni Il segreto della longevità? Verdure e lunghe camminate

Il segreto per arrivare a 100 anni? Alborina Silano, classe 1919, vissuta tra Grottaminarda e Villanova del Battista, in provincia di Avellino, non sa dire quale sia. Ma nel racconto della sua storia si scorgono gli elementi di uno stile di vita “mediterraneo”.

Da ragazzina aiutava la madre e le sorelle a preparare le pagnotte che l’indomani avrebbero portato al forno comune. Nell’impasto del pane aggiungevano delle patate che ne preservavano la morbidezza per diversi giorni. A quei tempi il cibo aveva un altro valore, doveva conservarsi più a lungo, niente poteva buttarsi e il lavoro andava ottimizzato poiché non esistevano le facilitazioni alimentari di oggi (surgelati, precotti, frigoriferi).

Da giovane donna lavorava come direttrice delle poste – che all’epoca significava consegnare a mano le missive, interfacciarsi con il pubblico, gestire l’ufficio e fare tutti i conti. Fino all’anno prima di andare in pensione non possedeva un’auto: camminava, tanto, da casa all’ufficio postale e ritorno, camminava per consegnare la posta in ogni casa del paese e per svolgere le faccende domestiche. Tornata a casa, cucinava appiccando il fuoco per terra perché la cucina come noi la conosciamo lì non era arrivata.

Lei, donna lavoratrice negli anni ’50-’60, non aveva molto tempo da dedicare all’arte culinaria, a mano preparava solo i ravioli di cui il marito andava ghiotto, anche se era in grado di forgiare, come le aveva insegnato la madre, tutte le varietà di pasta fatta in casa: cavatelli, orecchiette, tagliatelle! Oggi si sveglia quando sorge il sole e va a dormire alle dieci di sera. La sua pietanza preferita è, senza ombra di dubbio, la verdura! Dalla cicoria alla verza, dai peperoni ai broccoli. A seguire una varietà di legumi. E ad accompagnare i pasti 1-2 bicchieri di vino rigorosamente rosso.

Alessandro Pinto
Il cibo cilentano del New Jersey

Alessandro Pinto è nato nel 1921 e vive a Orria (Salerno), sulle colline del Cilento. La moglie era una bravissima cuoca e il suo piatto del cuore sono i fusilli, conditi rigorosamente con la carne di capra.

Oggi la sua famiglia è divisa tra l’Italia e il New Jersey, così Alessandro, nella stagione fredda, va in America a stare con figli e nipoti. Lì mangia solo cibo italiano perché le figlie hanno preservato la tradizione di preparare e consumare solo piatti cilentani. Alessandro, però, i fusilli sa farli anche da sé.

C’è tuttavia una differenza sostanziale che sottolinea tra Orria e il New Jersey: lì si mangia troppo, dice Alessandro. E si mangia troppo perché c’è sempre un’occasione per festeggiare: feste comandate, compleanni, onomastici sono occasioni buone per mettersi a tavola. A dispetto del Cilento dove i giorni di festa erano ben scanditi dalla tradizione popolare ma dove la convivialità si viveva di fronte a un bicchiere di vino e a qualche fico fresco.