Gli Esperti

Questa sezione del Museo ospita le voci e i volti degli esperti che studiano i benefici della Dieta Mediterranea e contribuiscono a diffonderla nel mondo: un viaggio nella cultura scientifica per conoscere da vicino questo Patrimonio dell’Umanità.

Fico Mediterranean Lecture 2021 Archeologia della Dieta Mediterranea con Paolo Giulierini

In occasione dell’XI anniversario dal riconoscimento UNESCO della Dieta Mediterranea Patrimonio dell’Umanità “Archeologia della Dieta Mediterranea” con Paolo Giulierini. Lezioni Magistrali Internazionali dedicate ad Ancel e Margaret Keys, gli scopritori della Dieta Mediterranea come stile di vita e modello agroalimentare sostenibile.

La FICO Mediterranean Lecture è organizzata dall’Università degli Studi Suor Orsola Benincasa di Napoli / Dipartimento di Scienze formative, psicologiche e della comunicazione – MedEatResearch, Centro di ricerche Sociali sulla Dieta Mediterranea – Fondazione FICO.

In occasione dell’X anniversario dal riconoscimento UNESCO della Dieta Mediterranea Patrimonio dell’Umanità “Agriculture and Future” con Matteo Lorito. La FICO Mediterranean Lecture è organizzata da Università degli Studi Suor Orsola Benincasa di Napoli / Dipartimento di Scienze formative, psicologiche e della comunicazione – MedEatResearch – Fondazione FICO – Comune di Pollica – UNESCO Chair On Intangible Cultural Heritage And Comparative Law / Università degli Studi di Roma Unitelma Sapienza.

Le prime 4 Fico Lectures (P.L. Petrillo 2016, M. Niola 2017, A. Segrè 2018, E. Moro 2019) sono ora pubblicate nel volume I segreti della Dieta Mediterranea / Secrets of Mediterranean Diet di Elisabetta Moro e Marino Niola, Il Mulino in libreria e in versione e-book.

Fico Mediterranean Lecture 2020
Digital Edition Agriculture and Future con Matteo Lorito

Luisa Martorelli
La dieta mediterranea nell’iconografia dell’Ottocento Napoletano

L’intervista si basa sul ruolo dell’arte come mezzo di trasmissione del sapere, in questo caso il sapere è rappresentato dalle raffigurazioni di alimenti che identificano le abitudini alimentare dei nostri antenati ,il movimento artistico analizzato è il naturalismo in relazione alla dieta mediterranea.

Nata nel 1963 nella Russia Sovietica e vissuta per gran parte della sua esistenza negli States, Anya von Bremzen, ripercorre la storia della sua vita ricordando i cibi che ne hanno segnato le diverse stagioni personali e le epoche storiche. Dal pane nero e le pesche in scatola della sua infanzia, simboli rispettivamente di povertà comunitaria e industrializzazione alimentare nel paese di Stalin, all’abbondanza asettica dei supermercati americani degli anni ‘70, dove il cibo sapeva di nitriti più che di vero cibo, fino all’esperienza dell’haute cusine con Ferran Adrià, celebre chef catalano, padre della cucina decostruttivista. Storie di cibo che hanno probabilmente costituito la materia grezza del suo successo come food editor e scrittrice di gastronomia, vincitrice per ben tre volte del James Beard Award, prestigioso riconoscimento assegnato ai professionisti del food. Tra le sue opere ricordiamo: Mastering the Art of Soviet Cooking, The New Spanish TableThe Greatest Dishes: Around the World in 80 Recipes e Please to the Table: The Russian Cookbook (coauthored by John Welchman).

Anya von Bremzen
Viaggio gastronomico dalla Russia Sovietica agli USA

Nino D’Andrea
I ricordi legati alla Dieta Mediterranea

Nino D’Andrea è un cuoco professionista, nipote di Ancel Keys e Margaret Haney, che per primi scoprirono i benefici dell’alimentazione e dello stile di vita cilentano sulla salute (stile da loro stessi ribattezzato Dieta Mediterranea). Nell’intervista Nino D’Andrea racconta i suoi ricordi legati ai nonni e alla Dieta Mediterranea.

Gian Piero Brunetta nasce a Cesena, in provincia di Forlì il 20 maggio 1942. È uno storico e critico cinematografico italiano. Nato da genitori veneziani sfollati durante la seconda guerra mondiale, si laurea nel 1966 con una tesi sulla formazione della teoria e critica cinematografica in Italia negli anni trenta e la genesi dell’idea di neorealismo. Brunetta inizia la sua intervista raccontando il suo primo ricordo legato al cibo, in particolare fa riferimento al periodo del dopoguerra. Ricorda le testimonianze di chi, ritornato dalla guerra, gli ha descritto la fame che si pativa nei campi di concentramento generando in lui un senso di paura dello spreco del cibo. Continua la sua intervista parlando delle tradizioni alimentari tramandategli dalla sua famiglia e in particolare delle tradizioni enogastronomiche piemontesi alle quali è particolarmente legato. Successivamente fa riferimento al cinema, presentando un suo racconto cinematografico, creato per EXPO, in cui ha cercato di mostrare come si evolve la storia e come il cinema ha raccontato, nel tempo, i diversi modi di mangiare facendo riferimento a quei film che hanno segnato la storia del cinema in ambito gastronomico come ad esempio “Il pranzo di Babette”. In quest’intervista Brunetta grazie alla sua forte passione per il cinema e per le tradizioni alimentari è riuscito a descriverci  il cibo come bisogno, luogo di condivisione e poi luogo di produzione industriale e di spreco, ma anche luogo di memoria del cinema.

Gian Piero Brunetta
Tradizioni alimentari e cinema

Taeko Udagawa
Riscoprire la propria tradizione

Taeko Udagawa è un’antropologa e una docente del Museo nazionale di Etnologia ad Osaka, in Giappone. Nell’intervista ci racconta di come il riconoscimento della cucina tradizionale giapponese come patrimonio immateriale dell’umanità da parte dell’UNESCO nel 2013 abbia innescato un processo di recupero di questa tradizione culinaria quasi andata perduta. Funzionando come un dispositivo capace di rinnovare la memoria, il riconoscimento UNESCO ha portato, in Giappone, nuova linfa all’economia e al senso di appartenenza dei cittadini alla propria storia.

Udagawa ci descrive anche alcune caratteristiche della cucina tradizionale giapponese, che sembra riflettere una filosofia dell’equilibrio: l’importanza della varietà, non solo di ingredienti, ma anche di cotture e combinazioni; l’importanza della spiritualità, evidente nel racconto simbolico di cibi come il riso e nella descrizione della ‘’strada del Samurai”. Diversamente dall’Occidente, la gastronomia orientale non ha una grammatica di “fatti gastronomici”, piatti-simbolo come la lasagna o il ragù napoletano, ma si costruisce attraverso il “racconto” che le diverse tipologie di cucina fanno del cibo, con i diversi tipi di cottura, l’ordine delle pietanze servite ecc. Tant’è vero che in Giappone più che di “piatto preferito” si parla di tipologia di cucina preferita (ad esempio la cucina Washoku), come se ciascuna con il suo modo di approcciare al cibo ne costruisse un particolare tipo di narrazione, lo raccontasse in modo diverso. Inoltre, l’antropologa ci spiega anche i motivi per cui i giapponesi amano la tanto diversa cultura occidentale e come la Dieta Mediterranea sia per loro sinonimo di uno stile di vita sano e venga seguita soprattutto da chi è attento alla salute e al benessere. Così, l’incontro in cucina tra la cultura giapponese e la cultura italiana diventa possibilità di arricchimento e condivisione, di scambio e dialogo tra due grandi patrimoni immateriali dell’umanità.

Giovanna Voria viene considerata l’ambasciatrice della Dieta Mediterranea, anche se lei ama definirsi, umilmente, una chef-contadina, titolare dell’agriturismo Corbella, nel Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni, in provincia di Salerno, nel Comune di Cicerale. L’agriturismo è immerso nella selvaggia e opulenta macchia mediterranea e circondato da colline feconde di viti, olivi, alberi da frutta e prodotti orticoli, tra boschi di corbezzolo, mirto e lentisco, dove il cibo si produce, si prepara e si consuma. Giovanna Voria, anima di Corbella, attraverso il legame con il passato ha conservato i valori e i sapori di un tempo riprendendoli in chiave moderna. L’intervista diventa un racconto di vita: da imprenditrice di successo sente il richiamo delle proprie origini contadine, di una vita umile e felice e decide di aprire, contro tutto e tutti, un agriturismo per condividere i saperi e i sapori antichi tramandati dalle nonne e dalla mamma. Non segue solo gli insegnamenti della propria famiglia ma anche del mangiar bene di Ancel Keys, il fisiologo americano, padre della Dieta Mediterranea, trasferitosi per circa quarant’anni nella vicina Pioppi per allungare la propria vita, come diceva lui stesso e alla fine riuscendoci, di circa vent’anni. Segue anche gli insegnamenti del suo successore a Pioppi, il cardiologo Jeremia Stamler, che ben volentieri è suo ospite e la decanta come la cuoca della cucina salutare. Nella sua azienda produce con metodi biologici il cece bianco e nero, presidio slow food dal 2010, il fico bianco del Cilento, l’olio extravergine d’oliva, il vino, le castagne e gli aromi mediterranei; alcune di queste eccellenze diventano poi confetture, salse, conserve, sott’oli, fichi secchi e sciroppati, pane ai fichi e ai ceci. La sua cucina è un racconto delle usanze del Cilento, dalle pizze pasquali ai dolci natalizi, alla pizza cilentana con la pasta madre, alla “cicciata”, tipico piatto di Corbella con legumi e cereali. Utilizzando sapientemente alcuni dei presidi Slow Food del Cilento come il cece, il cacioricotta di capra e il fico bianco, diventa lei stessa “presidio” e artefice della divulgazione dell’autenticità dei sapori della cucina mediterranea e cilentana, ma soprattutto della Dieta Mediterranea, intesa come modello alimentare e stile di vita, attraverso la sua cucina, i laboratori sulle erbe spontanee, i libri di ricette, tra cui il suo libro “cucinare con i ceci”,a cui si aggiungono diversi convegni e manifestazioni gastronomiche in Italia e all’estero .

Giovanna Voria L’ambasciatrice della Dieta Mediterranea

Amedeo Lepore
La Dieta Mediterranea e l’incontro a Parigi tra economia e comunicazione

Nato a Napoli nel 1957, ha conseguito la Laurea in Economia e Commercio presso l’Università degli Studi di Napoli “Federico II”, con una tesi in Storia Economica. È stato abilitato all’esercizio della professione di Dottore Commercialista. Ha conseguito il titolo di Dottore di ricerca in Storia presentando una dissertazione finale dal titolo “L’azienda Gonzalez de la Sierra nel commercio gaditano tra XVIII e XIX secolo”.

Amedeo Lepore è Professore di Storia Economica presso il Dipartimento di Economia della Seconda Università di Napoli, dove è titolare degli insegnamenti di Storia Economica, di Storia dell’Impresa e di Storia del Capitalismo.

È docente presso il Dipartimento di Impresa e Management della Luiss – “Guido Carli” di Roma. Nel 2015 è assessore alle attività produttive della Campania con la Giunta De Luca.

Marino Niola, giornalista e antropologo della contemporaneità, è nato a Napoli. Ha insegnato presso l’Università degli Studi di Napoli e presso gli atenei di Padova e Trieste, dove nel 1999 è stato tra i fondatori del primo corso di laurea italiano in Scienze e Tecniche dell’Interculturalità. Presso l’Università degli Studi Suor Orsola Benincasa di Napoli, dove tiene le cattedre di Antropologia dei simboli, Antropologia culturale e Antropologia dell’alimentazione, ha ideato il Master in Tradizioni e culture dell’alimentazione mediterranea, di cui è stato coordinatore scientifico. Nel 2015, con l’antropologa Elisabetta Moro e il MedEatResearch, ha rielaborato la tradizionale Piramide Universale della Dieta Mediterranea allargandola alle pratiche sociali. Dedica parte delle sue ricerche al rapporto tra tradizione e mutamento nella società contemporanea, ai processi della mondializzazione e ai localismi che ispirano i simboli, le mitologie e gli immaginari del villaggio glocale. Divulgatore per radio e televisioni italiane, francesi e svizzere, è editorialista di “Repubblica” e sul magazine “Venerdì di Repubblica” cura la rubrica “Miti d’oggi”; collabora inoltre con “Le Nouvel Observateur”, “Il caffè” di Locarno e “Il Mattino” di Napoli.

In questa breve intervista, l’antropologo Marino Niola, spiega l’origine e i diversi significati del termine dieta.

Marino Niola
Dieta Mediterranea: più significati per uno stile di vita

Marc Augé
Cibo e antropologia del presente

Marc Augé, noto antropologo ed etnologo francese nato nel 1935, è stato presidente dell’Ecole des hautes Etudes di Parigi (EHESS) e direttore fino al 1970 dell’Ufficio della ricerca scientifica e tecnica d’oltremare (ORSTOM – ora Istituto di Ricerche per lo Sviluppo); ha realizzato missioni in Africa e in America Latina, scrivendo i primi saggi di etnologia.

Ha poi analizzato la società della surmodernité introducendo il concetto di non luogo: ovvero quelle aree di passaggio stereotipate, anonime e spersonalizzanti, prive di tracce storiche, in cui il transito frenetico viene schedato e controllato (aeroporti, ipermercati, parchi divertimento).

In occasione della manifestazione “Futuro Remoto”, che si è tenuta presso la Città della Scienza di Napoli, Marc Augé ha tenuto un incontro incentrato sull’uomo del futuro e sul futuro dell’uomo.

In quest’occasione l’antropologo ha concesso una breve e intensa intervista raccontando i suoi ricordi alimentari, tra cucina africana, cucina francese e cucina italiana – quella che preferisce nei piatti essenziali.

Augé nell’ambito dell’evento affronta tematiche importanti come la precarietà del futuro, le dimensioni dell’uomo (individuale, culturale, generico), la mobilità e le insicurezze sociali.

Il luogo dell’intervista (che sembra il set del docu-film Être et avoir di Nicolas Philibert) è lo spazio museale della Città della Scienza occupato da bambini in visita al percorso scientifico del Museo; le armoniche grida dei bambini vivaci, spezzate dal suono metallico del flex di operai nel pieno del lavoro di manutenzione dello stesso luogo, ben descrivono società caotiche e pulsanti nelle quali il tempo è frenetico. Concetto affrontato dall’antropologo affermando che la categoria del tempo sta sostituendo quella di spazio, una nuova territorialità virtuale inserendosi nella nostra società “calda” (citando Claude Lévi-Strauss).

Paolo Scarpi insegna Cultura e simbologia dei cibi presso l’Università di Padova. Studia le religioni del mondo antico, le tradizioni esoteriche, i problemi religiosi nella società multiculturale, la funzione normativa dei sistemi religiosi sulle scelte alimentari.

Nell’intervista traccia un breve excursus storico dell’evoluzione nelle abitudini alimentari dei paesi di area mediterranea. Dal semi vegetarianismo delle civiltà che abitavano il mondo antico alla contaminazione nella dieta conseguenza delle invasioni dei popoli cacciatori-raccoglitori.

Paolo Scarpi
La matrice storica della Dieta Mediterranea

Pedro Graça
Una visione politica e contemporanea del cibo

Pedro Graça,  professore di ‘Politica alimentare’ all’Università di Porto, in Portogallo, ed esperto di Dieta Mediterranea, ci presenta una visione politica del cibo. Osservando in modo critico la società di oggi, ci invita a riflettere su cosa significhi davvero difendere la Dieta Mediterranea.

Facendo riferimento alle dinamiche economico-politico che spesso i consumatori ignorano, riflette sul mondo che esiste dietro gli scaffali dei supermarket, fatto di politiche e diritti dei lavoratori, ma anche delle conseguenze sull’ambiente delle produzioni alimentari. Ricorda che la difesa della Dieta Mediterranea parte dalla consapevolezza dei singoli cittadini circa l’impatto, non solo sociale ma anche ambientale, delle loro scelte alimentari, e sottolinea  l’importanza della partecipazione delle istituzioni e delle industrie nel processo di conservazione di questo stile di vita.  Oltre a ciò, Graça ritiene fondamentali per la difesa della Dieta Mediterranea anche altri fattori, che spesso passano inosservati, e rispetto ai quali ci invita a riflettere: gli orari di lavoro della nostra società, incompatibili con un’alimentazione sana ; le differenze di genere, l’educazione alimentare dei figli e l’importanza di  ‘dare l’esempio’; la conservazione dei cibi nei distributori automatici che pone al centro dell’attenzione l’abuso di sale e zucchero. A tutti questi temi offre soluzioni illuminanti e semplici allo stesso tempo, indicandoli come fattori che influenzano il nostro stile di vita.

Inoltre, ci racconta anche i sapori del Portogallo e il suo personale e inaspettato cibo della memoria, legato alla sorpresa e alla necessità. Cambiando il nostro punto di vista, Pedro Graça offre una riflessione diversa sulla Dieta Mediterranea, stile di vita e modo di pensare al cibo, elaborato in migliaia di anni, che come patrimonio dell’umanità ha bisogno della partecipazione di tutti i cittadini del mondo per essere difeso.

Joseph Rykwert intervistato da Elisabetta Moro a Mirandola durante il Festival della Memoria (2017) racconta i ricordi alimentari legati alla sua città di origine, Varsavia, a quella che lo ha adottato sin dall’età di 13 anni, Londra, e ai vari continenti che per lavoro o curiosità ha visitato. Affronta inoltre temi importanti come la Kasherut, le norme ebraiche sul cibo, le mode alimentari e la convivialità.

Joseph Rykwert
Dalla Polonia al Mediterraneo

David Jacobs
Le nuove frontiere della ricerca nutrizionale

David R. Jacobs Jr. è nato a Brooklyn, New York il 16 Aprile del 1945. Ha studiato alla Bucknell University, Lewisburg, e alla Johns Hopkins University, Baltimore MD, Mathematical Statistics. Successivamente ha conseguito ulteriori titoli alla Cambridge University e alla Jackson Laboratory. Dal 1979 è Professore della Divisione di Epidemiologia alla School of Public Health in Minnesota. Ha ricevuto numerosi riconoscimenti tra cui The Mark A. Bieber Award conferito dall’American College of Nutrition nel 2012 e un Lifetime Achievement Award in Whole Grain Research dalla fondazione Grains for Health.

Isidoro Moreno Navarro, classe 1944, intervistato nel 2015, ripercorre la storia del cibo andaluso e del Mediterraneo. Dai piatti poveri a base di trippa di maiale, ai piatti tipici delle festività, analizza la cucina mediterranea attraverso tutte le sue sfumature, senza tralasciare la cucina gitana, il gazpacho, le tapas e il cibo della sua infanzia. Senza tralasciare una interessante analisi sulla dieta mediterranea e la sua candidatura UNESCO e l’importanza della conoscenza dei saperi antichi della cucina, che hanno fondato la cultura alimentare mediterranea.

Isidoro Moreno Navarro
La cucina sivigliana del Mediterraneo

Luigi Frusciante
Pomodoro e biodiversità

Luigi Frusciante è Professore Ordinario di Genetica Agraria presso la Facoltà di Agraria dell’Università degli Studi di Napoli Federico II.  È autore di più di 190 pubblicazioni scientifiche e divulgative. Con il suo gruppo di ricerca ha contribuito al sequenziamento del genoma del pomodoro, scoperta che è valsa a lui e ai suoi colleghi la copertina di “Nature” nel 2012. Attraverso aneddoti e storie affascinanti, ci racconta delle sue memorie alimentari e del suo rapporto con il territorio. Le sue parole rivelano la passione per la ricerca scientifica ed evidenziano l’importanza della biodiversità e la necessità di preservarla. 

Luigi Maria Lombardi Satriani, classe 1936, calabrese di San Costantino di Briatico, è stato intervistato per i Granai del Mediterraneo il 7 marzo del 2013.

Ha insegnato Etnologia all’università LaSapienza di Roma, Antropologia culturale all’università di Messina, Storia delle tradizioni popolari all’università della Calabria e Culture e identità italiane presso l’università Suor Orsola Benincasa di Napoli, ma anche nelle università di Trieste, Bergamo, Foggia, Reggio Calabria, Palermo e Sassari. È stato Senatore della Repubblica nella XIII Legislatura (dal 1996 al 2001) e ha preso parte alla Commissione Cultura Senato e alla Commissione Bicamerale sull’organizzazione mafiosa e sulle altre realtà criminali. 

Per Lombardi Satriani la memoria «è un seme che dobbiamo custodire, raccogliere, far fruttificare». Ogni memoria ed ogni essere umano sono un patrimonio dell’umanità, da rispettare. L’antropologo riflette sul ruolo giocato dai cibi nella costruzione delle memorie e li considera dei semi di cultura, che non solo restituiscono il senso di una stagione, ma di un’epoca. 

Pensando alla sua infanzia, Lombardi Satriani recupera il ricordo del fricò, un cibo siciliano introdotto nella sua famiglia da una zia, sposata ad un messinese. Si inzuppava il pane nel latte, vi si adagiavano piselli, uova sode, formaggio, provola, poi si stendeva sopra un altro strato di pane bagnato nel latte e un altro strato di ripieno, ancora altro pane e altro ripieno, infine si metteva a cuocere nel forno finché non dorava. Questa preparazione non è una semplice ricetta per l’antropologo, è la cifra della storia della sua famiglia legata a ricordi di convivialità, parole, gesti, saperi e sapori tramandati dalla zia ai fratelli e ai nipoti, e da questi ai propri figli e nipoti. 

Nessuna società resta però immobile nel tempo: «se anche noi ci volessimo fermare al passato, il tempo finirebbe per trasformarci». 

Luigi Maria Lombardi Satriani
Cibo è sacro

Alberto Folin
I piatti voluttuosi di Giacomo Leopardi

Alberto Folin ci accompagna in un viaggio appassionante fra cibo, letteratura e poesia. Dalle novelle del Decameron di Boccaccio, spesso ambientate in luoghi densi di fumi e grevi di odori, in cui dominano scene mangerecce e sensuali, ci spostiamo alla scoperta del cibo allegorico sulle tavole dei ricchi e su quelle dei poveri nei Promessi sposi e arriviamo a Napoli sulla tavola di Giacomo Leopardi, nella cucina di Villa delle Ginestre, dove il cuoco di casa Ranieri, il “Monsiù” Pasquale Ignarra soddisfaceva gli appetiti voluttuosi del poeta a suon di fritti, fegatini, gnocchi e bigné.

L’itinerario tracciato da Alberto Folin continua intrecciando i suoi personali luoghi e cibi del cuore – Venezia, Napoli, la Grecia; i frittolini, lo stoccafisso mantecato, le sarde in saòr, la trippa – per concludersi con una intensa definizione del Mediterraneo e della Dieta mediterranea ispirata alla mitologia classica: «il Mediterraneo è pulsione di vita […] è vino e acqua trasparente. È abisso e relazione».