Gli Artisti
Gastronomia è il titolo con cui l’erudito Ateneo definì il poema greco di Archestrato: non solo un insieme di regole relative alla preparazione delle pietanze, ma l’arte della cucina.
Gli artisti di Pollica e le Terre della Dieta Mediterranea sono tutti coloro i quali hanno saputo trasformare tradizioni, sapori e ritualità, ma anche saperi e conoscenze, in arte. In bellezza per il palato, per la mente e per l’anima.
Il Museo Virtuale della Dieta Mediterranea, realizzato dal MedEatResearch – Centro di Ricerche Sociali sulla Dieta Mediterranea dell’Università di Napoli Suor Orsola Benincasa, è da sempre partner e membro del Comitato promotore della candidatura di Pollica e le Terre della Dieta Mediterranea all’UCCN.
Fico Mediterranean Lecture 2021 Archeologia della Dieta Mediterranea con Paolo Giulierini
In occasione dell’XI anniversario dal riconoscimento UNESCO della Dieta Mediterranea Patrimonio dell’Umanità “Archeologia della Dieta Mediterranea” con Paolo Giulierini. Lezioni Magistrali Internazionali dedicate ad Ancel e Margaret Keys, gli scopritori della Dieta Mediterranea come stile di vita e modello agroalimentare sostenibile.
La FICO Mediterranean Lecture è organizzata dall’Università degli Studi Suor Orsola Benincasa di Napoli / Dipartimento di Scienze formative, psicologiche e della comunicazione – MedEatResearch, Centro di ricerche Sociali sulla Dieta Mediterranea – Fondazione FICO.
Fico Mediterranean Lecture 2020
Digital Edition
Agriculture and Future con Matteo Lorito
In occasione dell’X anniversario dal riconoscimento UNESCO della Dieta Mediterranea Patrimonio dell’Umanità “Agriculture and Future” con Matteo Lorito. La FICO Mediterranean Lecture è organizzata da Università degli Studi Suor Orsola Benincasa di Napoli / Dipartimento di Scienze formative, psicologiche e della comunicazione – MedEatResearch – Fondazione FICO – Comune di Pollica – UNESCO Chair On Intangible Cultural Heritage And Comparative Law / Università degli Studi di Roma Unitelma Sapienza.
Le prime 4 Fico Lectures (P.L. Petrillo 2016, M. Niola 2017, A. Segrè 2018, E. Moro 2019) sono ora pubblicate nel volume I segreti della Dieta Mediterranea / Secrets of Mediterranean Diet di Elisabetta Moro e Marino Niola, Il Mulino in libreria e in versione e-book.
Fico Mediterranean Lecture 2020
Digital Edition
Agriculture and Future con Matteo Lorito
In occasione dell’X anniversario dal riconoscimento UNESCO della Dieta Mediterranea Patrimonio dell’Umanità “Agriculture and Future” con Matteo Lorito. La FICO Mediterranean Lecture è organizzata da Università degli Studi Suor Orsola Benincasa di Napoli / Dipartimento di Scienze formative, psicologiche e della comunicazione – MedEatResearch – Fondazione FICO – Comune di Pollica – UNESCO Chair On Intangible Cultural Heritage And Comparative Law / Università degli Studi di Roma Unitelma Sapienza.
Le prime 4 Fico Lectures (P.L. Petrillo 2016, M. Niola 2017, A. Segrè 2018, E. Moro 2019) sono ora pubblicate nel volume I segreti della Dieta Mediterranea / Secrets of Mediterranean Diet di Elisabetta Moro e Marino Niola, Il Mulino in libreria e in versione e-book.
Luisa Martorelli
La dieta mediterranea nell’iconografia dell’Ottocento Napoletano
L’intervista si basa sul ruolo dell’arte come mezzo di trasmissione del sapere, in questo caso il sapere è rappresentato dalle raffigurazioni di alimenti che identificano le abitudini alimentare dei nostri antenati ,il movimento artistico analizzato è il naturalismo in relazione alla dieta mediterranea.
Anya von Bremzen
Viaggio gastronomico dalla Russia Sovietica agli USA
Nata nel 1963 nella Russia Sovietica e vissuta per gran parte della sua esistenza negli States, Anya von Bremzen, ripercorre la storia della sua vita ricordando i cibi che ne hanno segnato le diverse stagioni personali e le epoche storiche. Dal pane nero e le pesche in scatola della sua infanzia, simboli rispettivamente di povertà comunitaria e industrializzazione alimentare nel paese di Stalin, all’abbondanza asettica dei supermercati americani degli anni ‘70, dove il cibo sapeva di nitriti più che di vero cibo, fino all’esperienza dell’haute cusine con Ferran Adrià, celebre chef catalano, padre della cucina decostruttivista. Storie di cibo che hanno probabilmente costituito la materia grezza del suo successo come food editor e scrittrice di gastronomia, vincitrice per ben tre volte del James Beard Award, prestigioso riconoscimento assegnato ai professionisti del food. Tra le sue opere ricordiamo: Mastering the Art of Soviet Cooking, The New Spanish Table, The Greatest Dishes: Around the World in 80 Recipes e Please to the Table: The Russian Cookbook (coauthored by John Welchman).
Anya von Bremzen
Viaggio gastronomico dalla Russia Sovietica agli USA
Nata nel 1963 nella Russia Sovietica e vissuta per gran parte della sua esistenza negli States, Anya von Bremzen, ripercorre la storia della sua vita ricordando i cibi che ne hanno segnato le diverse stagioni personali e le epoche storiche. Dal pane nero e le pesche in scatola della sua infanzia, simboli rispettivamente di povertà comunitaria e industrializzazione alimentare nel paese di Stalin, all’abbondanza asettica dei supermercati americani degli anni ‘70, dove il cibo sapeva di nitriti più che di vero cibo, fino all’esperienza dell’haute cusine con Ferran Adrià, celebre chef catalano, padre della cucina decostruttivista. Storie di cibo che hanno probabilmente costituito la materia grezza del suo successo come food editor e scrittrice di gastronomia, vincitrice per ben tre volte del James Beard Award, prestigioso riconoscimento assegnato ai professionisti del food. Tra le sue opere ricordiamo: Mastering the Art of Soviet Cooking, The New Spanish Table, The Greatest Dishes: Around the World in 80 Recipes e Please to the Table: The Russian Cookbook (coauthored by John Welchman).
Nino D’Andrea
I ricordi legati alla Dieta Mediterranea
Nino D’Andrea è un cuoco professionista, nipote di Ancel Keys e Margaret Haney, che per primi scoprirono i benefici dell’alimentazione e dello stile di vita cilentano sulla salute (stile da loro stessi ribattezzato Dieta Mediterranea). Nell’intervista Nino D’Andrea racconta i suoi ricordi legati ai nonni e alla Dieta Mediterranea.
Gian Piero Brunetta
Tradizioni alimentari e cinema
Gian Piero Brunetta nasce a Cesena, in provincia di Forlì il 20 maggio 1942. È uno storico e critico cinematografico italiano. Nato da genitori veneziani sfollati durante la seconda guerra mondiale, si laurea nel 1966 con una tesi sulla formazione della teoria e critica cinematografica in Italia negli anni trenta e la genesi dell’idea di neorealismo. Brunetta inizia la sua intervista raccontando il suo primo ricordo legato al cibo, in particolare fa riferimento al periodo del dopoguerra. Ricorda le testimonianze di chi, ritornato dalla guerra, gli ha descritto la fame che si pativa nei campi di concentramento generando in lui un senso di paura dello spreco del cibo. Continua la sua intervista parlando delle tradizioni alimentari tramandategli dalla sua famiglia e in particolare delle tradizioni enogastronomiche piemontesi alle quali è particolarmente legato. Successivamente fa riferimento al cinema, presentando un suo racconto cinematografico, creato per EXPO, in cui ha cercato di mostrare come si evolve la storia e come il cinema ha raccontato, nel tempo, i diversi modi di mangiare facendo riferimento a quei film che hanno segnato la storia del cinema in ambito gastronomico come ad esempio “Il pranzo di Babette”. In quest’intervista Brunetta grazie alla sua forte passione per il cinema e per le tradizioni alimentari è riuscito a descriverci il cibo come bisogno, luogo di condivisione e poi luogo di produzione industriale e di spreco, ma anche luogo di memoria del cinema.
Gian Piero Brunetta
Tradizioni alimentari e cinema
Gian Piero Brunetta nasce a Cesena, in provincia di Forlì il 20 maggio 1942. È uno storico e critico cinematografico italiano. Nato da genitori veneziani sfollati durante la seconda guerra mondiale, si laurea nel 1966 con una tesi sulla formazione della teoria e critica cinematografica in Italia negli anni trenta e la genesi dell’idea di neorealismo. Brunetta inizia la sua intervista raccontando il suo primo ricordo legato al cibo, in particolare fa riferimento al periodo del dopoguerra. Ricorda le testimonianze di chi, ritornato dalla guerra, gli ha descritto la fame che si pativa nei campi di concentramento generando in lui un senso di paura dello spreco del cibo. Continua la sua intervista parlando delle tradizioni alimentari tramandategli dalla sua famiglia e in particolare delle tradizioni enogastronomiche piemontesi alle quali è particolarmente legato. Successivamente fa riferimento al cinema, presentando un suo racconto cinematografico, creato per EXPO, in cui ha cercato di mostrare come si evolve la storia e come il cinema ha raccontato, nel tempo, i diversi modi di mangiare facendo riferimento a quei film che hanno segnato la storia del cinema in ambito gastronomico come ad esempio “Il pranzo di Babette”. In quest’intervista Brunetta grazie alla sua forte passione per il cinema e per le tradizioni alimentari è riuscito a descriverci il cibo come bisogno, luogo di condivisione e poi luogo di produzione industriale e di spreco, ma anche luogo di memoria del cinema.
Taeko Udagawa
Riscoprire la propria tradizione
Taeko Udagawa è un’antropologa e una docente del Museo nazionale di Etnologia ad Osaka, in Giappone. Nell’intervista ci racconta di come il riconoscimento della cucina tradizionale giapponese come patrimonio immateriale dell’umanità da parte dell’UNESCO nel 2013 abbia innescato un processo di recupero di questa tradizione culinaria quasi andata perduta. Funzionando come un dispositivo capace di rinnovare la memoria, il riconoscimento UNESCO ha portato, in Giappone, nuova linfa all’economia e al senso di appartenenza dei cittadini alla propria storia.
Udagawa ci descrive anche alcune caratteristiche della cucina tradizionale giapponese, che sembra riflettere una filosofia dell’equilibrio: l’importanza della varietà, non solo di ingredienti, ma anche di cotture e combinazioni; l’importanza della spiritualità, evidente nel racconto simbolico di cibi come il riso e nella descrizione della ‘’strada del Samurai”. Diversamente dall’Occidente, la gastronomia orientale non ha una grammatica di “fatti gastronomici”, piatti-simbolo come la lasagna o il ragù napoletano, ma si costruisce attraverso il “racconto” che le diverse tipologie di cucina fanno del cibo, con i diversi tipi di cottura, l’ordine delle pietanze servite ecc. Tant’è vero che in Giappone più che di “piatto preferito” si parla di tipologia di cucina preferita (ad esempio la cucina Washoku), come se ciascuna con il suo modo di approcciare al cibo ne costruisse un particolare tipo di narrazione, lo raccontasse in modo diverso. Inoltre, l’antropologa ci spiega anche i motivi per cui i giapponesi amano la tanto diversa cultura occidentale e come la Dieta Mediterranea sia per loro sinonimo di uno stile di vita sano e venga seguita soprattutto da chi è attento alla salute e al benessere. Così, l’incontro in cucina tra la cultura giapponese e la cultura italiana diventa possibilità di arricchimento e condivisione, di scambio e dialogo tra due grandi patrimoni immateriali dell’umanità.
Giovanna Voria L’ambasciatrice della Dieta Mediterranea
Giovanna Voria viene considerata l’ambasciatrice della Dieta Mediterranea, anche se lei ama definirsi, umilmente, una chef-contadina, titolare dell’agriturismo Corbella, nel Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni, in provincia di Salerno, nel Comune di Cicerale. L’agriturismo è immerso nella selvaggia e opulenta macchia mediterranea e circondato da colline feconde di viti, olivi, alberi da frutta e prodotti orticoli, tra boschi di corbezzolo, mirto e lentisco, dove il cibo si produce, si prepara e si consuma. Giovanna Voria, anima di Corbella, attraverso il legame con il passato ha conservato i valori e i sapori di un tempo riprendendoli in chiave moderna. L’intervista diventa un racconto di vita: da imprenditrice di successo sente il richiamo delle proprie origini contadine, di una vita umile e felice e decide di aprire, contro tutto e tutti, un agriturismo per condividere i saperi e i sapori antichi tramandati dalle nonne e dalla mamma. Non segue solo gli insegnamenti della propria famiglia ma anche del mangiar bene di Ancel Keys, il fisiologo americano, padre della Dieta Mediterranea, trasferitosi per circa quarant’anni nella vicina Pioppi per allungare la propria vita, come diceva lui stesso e alla fine riuscendoci, di circa vent’anni. Segue anche gli insegnamenti del suo successore a Pioppi, il cardiologo Jeremia Stamler, che ben volentieri è suo ospite e la decanta come la cuoca della cucina salutare. Nella sua azienda produce con metodi biologici il cece bianco e nero, presidio slow food dal 2010, il fico bianco del Cilento, l’olio extravergine d’oliva, il vino, le castagne e gli aromi mediterranei; alcune di queste eccellenze diventano poi confetture, salse, conserve, sott’oli, fichi secchi e sciroppati, pane ai fichi e ai ceci. La sua cucina è un racconto delle usanze del Cilento, dalle pizze pasquali ai dolci natalizi, alla pizza cilentana con la pasta madre, alla “cicciata”, tipico piatto di Corbella con legumi e cereali. Utilizzando sapientemente alcuni dei presidi Slow Food del Cilento come il cece, il cacioricotta di capra e il fico bianco, diventa lei stessa “presidio” e artefice della divulgazione dell’autenticità dei sapori della cucina mediterranea e cilentana, ma soprattutto della Dieta Mediterranea, intesa come modello alimentare e stile di vita, attraverso la sua cucina, i laboratori sulle erbe spontanee, i libri di ricette, tra cui il suo libro “cucinare con i ceci”,a cui si aggiungono diversi convegni e manifestazioni gastronomiche in Italia e all’estero .
Giovanna Voria L’ambasciatrice della Dieta Mediterranea
Giovanna Voria viene considerata l’ambasciatrice della Dieta Mediterranea, anche se lei ama definirsi, umilmente, una chef-contadina, titolare dell’agriturismo Corbella, nel Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni, in provincia di Salerno, nel Comune di Cicerale. L’agriturismo è immerso nella selvaggia e opulenta macchia mediterranea e circondato da colline feconde di viti, olivi, alberi da frutta e prodotti orticoli, tra boschi di corbezzolo, mirto e lentisco, dove il cibo si produce, si prepara e si consuma. Giovanna Voria, anima di Corbella, attraverso il legame con il passato ha conservato i valori e i sapori di un tempo riprendendoli in chiave moderna. L’intervista diventa un racconto di vita: da imprenditrice di successo sente il richiamo delle proprie origini contadine, di una vita umile e felice e decide di aprire, contro tutto e tutti, un agriturismo per condividere i saperi e i sapori antichi tramandati dalle nonne e dalla mamma. Non segue solo gli insegnamenti della propria famiglia ma anche del mangiar bene di Ancel Keys, il fisiologo americano, padre della Dieta Mediterranea, trasferitosi per circa quarant’anni nella vicina Pioppi per allungare la propria vita, come diceva lui stesso e alla fine riuscendoci, di circa vent’anni. Segue anche gli insegnamenti del suo successore a Pioppi, il cardiologo Jeremia Stamler, che ben volentieri è suo ospite e la decanta come la cuoca della cucina salutare. Nella sua azienda produce con metodi biologici il cece bianco e nero, presidio slow food dal 2010, il fico bianco del Cilento, l’olio extravergine d’oliva, il vino, le castagne e gli aromi mediterranei; alcune di queste eccellenze diventano poi confetture, salse, conserve, sott’oli, fichi secchi e sciroppati, pane ai fichi e ai ceci. La sua cucina è un racconto delle usanze del Cilento, dalle pizze pasquali ai dolci natalizi, alla pizza cilentana con la pasta madre, alla “cicciata”, tipico piatto di Corbella con legumi e cereali. Utilizzando sapientemente alcuni dei presidi Slow Food del Cilento come il cece, il cacioricotta di capra e il fico bianco, diventa lei stessa “presidio” e artefice della divulgazione dell’autenticità dei sapori della cucina mediterranea e cilentana, ma soprattutto della Dieta Mediterranea, intesa come modello alimentare e stile di vita, attraverso la sua cucina, i laboratori sulle erbe spontanee, i libri di ricette, tra cui il suo libro “cucinare con i ceci”, a cui si aggiungono diversi convegni e manifestazioni gastronomiche in Italia e all’estero.
Amedeo Lepore
La Dieta Mediterranea e l’incontro a Parigi tra economia e comunicazione
Nato a Napoli nel 1957, ha conseguito la Laurea in Economia e Commercio presso l’Università degli Studi di Napoli “Federico II”, con una tesi in Storia Economica. È stato abilitato all’esercizio della professione di Dottore Commercialista. Ha conseguito il titolo di Dottore di ricerca in Storia presentando una dissertazione finale dal titolo “L’azienda Gonzalez de la Sierra nel commercio gaditano tra XVIII e XIX secolo”.
Amedeo Lepore è Professore di Storia Economica presso il Dipartimento di Economia della Seconda Università di Napoli, dove è titolare degli insegnamenti di Storia Economica, di Storia dell’Impresa e di Storia del Capitalismo.
È docente presso il Dipartimento di Impresa e Management della Luiss – “Guido Carli” di Roma. Nel 2015 è assessore alle attività produttive della Campania con la Giunta De Luca.
Marino Niola
Dieta Mediterranea: più significati per uno stile di vita
Marino Niola, giornalista e antropologo della contemporaneità, è nato a Napoli. Ha insegnato presso l’Università degli Studi di Napoli e presso gli atenei di Padova e Trieste, dove nel 1999 è stato tra i fondatori del primo corso di laurea italiano in Scienze e Tecniche dell’Interculturalità. Presso l’Università degli Studi Suor Orsola Benincasa di Napoli, dove tiene le cattedre di Antropologia dei simboli, Antropologia culturale e Antropologia dell’alimentazione, ha ideato il Master in Tradizioni e culture dell’alimentazione mediterranea, di cui è stato coordinatore scientifico. Nel 2015, con l’antropologa Elisabetta Moro e il MedEatResearch, ha rielaborato la tradizionale Piramide Universale della Dieta Mediterranea allargandola alle pratiche sociali. Dedica parte delle sue ricerche al rapporto tra tradizione e mutamento nella società contemporanea, ai processi della mondializzazione e ai localismi che ispirano i simboli, le mitologie e gli immaginari del villaggio glocale. Divulgatore per radio e televisioni italiane, francesi e svizzere, è editorialista di “Repubblica” e sul magazine “Venerdì di Repubblica” cura la rubrica “Miti d’oggi”; collabora inoltre con “Le Nouvel Observateur”, “Il caffè” di Locarno e “Il Mattino” di Napoli.
In questa breve intervista, l’antropologo Marino Niola, spiega l’origine e i diversi significati del termine dieta.
Marino Niola
Dieta Mediterranea: più significati per uno stile di vita
Marino Niola, giornalista e antropologo della contemporaneità, è nato a Napoli. Ha insegnato presso l’Università degli Studi di Napoli e presso gli atenei di Padova e Trieste, dove nel 1999 è stato tra i fondatori del primo corso di laurea italiano in Scienze e Tecniche dell’Interculturalità. Presso l’Università degli Studi Suor Orsola Benincasa di Napoli, dove tiene le cattedre di Antropologia dei simboli, Antropologia culturale e Antropologia dell’alimentazione, ha ideato il Master in Tradizioni e culture dell’alimentazione mediterranea, di cui è stato coordinatore scientifico. Nel 2015, con l’antropologa Elisabetta Moro e il MedEatResearch, ha rielaborato la tradizionale Piramide Universale della Dieta Mediterranea allargandola alle pratiche sociali. Dedica parte delle sue ricerche al rapporto tra tradizione e mutamento nella società contemporanea, ai processi della mondializzazione e ai localismi che ispirano i simboli, le mitologie e gli immaginari del villaggio glocale. Divulgatore per radio e televisioni italiane, francesi e svizzere, è editorialista di “Repubblica” e sul magazine “Venerdì di Repubblica” cura la rubrica “Miti d’oggi”; collabora inoltre con “Le Nouvel Observateur”, “Il caffè” di Locarno e “Il Mattino” di Napoli.
In questa breve intervista, l’antropologo Marino Niola, spiega l’origine e i diversi significati del termine dieta.
Marc Augé
Cibo e antropologia del presente
Marc Augé, noto antropologo ed etnologo francese nato nel 1935, è stato presidente dell’Ecole des hautes Etudes di Parigi (EHESS) e direttore fino al 1970 dell’Ufficio della ricerca scientifica e tecnica d’oltremare (ORSTOM – ora Istituto di Ricerche per lo Sviluppo); ha realizzato missioni in Africa e in America Latina, scrivendo i primi saggi di etnologia.
Ha poi analizzato la società della surmodernité introducendo il concetto di non luogo: ovvero quelle aree di passaggio stereotipate, anonime e spersonalizzanti, prive di tracce storiche, in cui il transito frenetico viene schedato e controllato (aeroporti, ipermercati, parchi divertimento).
In occasione della manifestazione “Futuro Remoto”, che si è tenuta presso la Città della Scienza di Napoli, Marc Augé ha tenuto un incontro incentrato sull’uomo del futuro e sul futuro dell’uomo.
In quest’occasione l’antropologo ha concesso una breve e intensa intervista raccontando i suoi ricordi alimentari, tra cucina africana, cucina francese e cucina italiana – quella che preferisce nei piatti essenziali.
Augé nell’ambito dell’evento affronta tematiche importanti come la precarietà del futuro, le dimensioni dell’uomo (individuale, culturale, generico), la mobilità e le insicurezze sociali.
Il luogo dell’intervista (che sembra il set del docu-film Être et avoir di Nicolas Philibert) è lo spazio museale della Città della Scienza occupato da bambini in visita al percorso scientifico del Museo; le armoniche grida dei bambini vivaci, spezzate dal suono metallico del flex di operai nel pieno del lavoro di manutenzione dello stesso luogo, ben descrivono società caotiche e pulsanti nelle quali il tempo è frenetico. Concetto affrontato dall’antropologo affermando che la categoria del tempo sta sostituendo quella di spazio, una nuova territorialità virtuale inserendosi nella nostra società “calda” (citando Claude Lévi-Strauss).
Paolo Scarpi
La matrice storica della Dieta Mediterranea
Paolo Scarpi insegna Cultura e simbologia dei cibi presso l’Università di Padova. Studia le religioni del mondo antico, le tradizioni esoteriche, i problemi religiosi nella società multiculturale, la funzione normativa dei sistemi religiosi sulle scelte alimentari.
Nell’intervista traccia un breve excursus storico dell’evoluzione nelle abitudini alimentari dei paesi di area mediterranea. Dal semi vegetarianismo delle civiltà che abitavano il mondo antico alla contaminazione nella dieta conseguenza delle invasioni dei popoli cacciatori-raccoglitori.
Paolo Scarpi
La matrice storica della Dieta Mediterranea
Paolo Scarpi insegna Cultura e simbologia dei cibi presso l’Università di Padova. Studia le religioni del mondo antico, le tradizioni esoteriche, i problemi religiosi nella società multiculturale, la funzione normativa dei sistemi religiosi sulle scelte alimentari.
Nell’intervista traccia un breve excursus storico dell’evoluzione nelle abitudini alimentari dei paesi di area mediterranea. Dal semi vegetarianismo delle civiltà che abitavano il mondo antico alla contaminazione nella dieta conseguenza delle invasioni dei popoli cacciatori-raccoglitori.
Pedro Graça
Una visione politica e contemporanea del cibo
Pedro Graça, professore di ‘Politica alimentare’ all’Università di Porto, in Portogallo, ed esperto di Dieta Mediterranea, ci presenta una visione politica del cibo. Osservando in modo critico la società di oggi, ci invita a riflettere su cosa significhi davvero difendere la Dieta Mediterranea.
Facendo riferimento alle dinamiche economico-politico che spesso i consumatori ignorano, riflette sul mondo che esiste dietro gli scaffali dei supermarket, fatto di politiche e diritti dei lavoratori, ma anche delle conseguenze sull’ambiente delle produzioni alimentari. Ricorda che la difesa della Dieta Mediterranea parte dalla consapevolezza dei singoli cittadini circa l’impatto, non solo sociale ma anche ambientale, delle loro scelte alimentari, e sottolinea l’importanza della partecipazione delle istituzioni e delle industrie nel processo di conservazione di questo stile di vita. Oltre a ciò, Graça ritiene fondamentali per la difesa della Dieta Mediterranea anche altri fattori, che spesso passano inosservati, e rispetto ai quali ci invita a riflettere: gli orari di lavoro della nostra società, incompatibili con un’alimentazione sana ; le differenze di genere, l’educazione alimentare dei figli e l’importanza di ‘dare l’esempio’; la conservazione dei cibi nei distributori automatici che pone al centro dell’attenzione l’abuso di sale e zucchero. A tutti questi temi offre soluzioni illuminanti e semplici allo stesso tempo, indicandoli come fattori che influenzano il nostro stile di vita.
Inoltre, ci racconta anche i sapori del Portogallo e il suo personale e inaspettato cibo della memoria, legato alla sorpresa e alla necessità. Cambiando il nostro punto di vista, Pedro Graça offre una riflessione diversa sulla Dieta Mediterranea, stile di vita e modo di pensare al cibo, elaborato in migliaia di anni, che come patrimonio dell’umanità ha bisogno della partecipazione di tutti i cittadini del mondo per essere difeso.
Joseph Rykwert
Dalla Polonia al Mediterraneo
Joseph Rykwert intervistato da Elisabetta Moro a Mirandola durante il Festival della Memoria (2017) racconta i ricordi alimentari legati alla sua città di origine, Varsavia, a quella che lo ha adottato sin dall’età di 13 anni, Londra, e ai vari continenti che per lavoro o curiosità ha visitato. Affronta inoltre temi importanti come la Kasherut, le norme ebraiche sul cibo, le mode alimentari e la convivialità.
Joseph Rykwert
Dalla Polonia al Mediterraneo
Joseph Rykwert intervistato da Elisabetta Moro a Mirandola durante il Festival della Memoria (2017) racconta i ricordi alimentari legati alla sua città di origine, Varsavia, a quella che lo ha adottato sin dall’età di 13 anni, Londra, e ai vari continenti che per lavoro o curiosità ha visitato. Affronta inoltre temi importanti come la Kasherut, le norme ebraiche sul cibo, le mode alimentari e la convivialità.
David Jacobs
Le nuove frontiere della ricerca nutrizionale
David R. Jacobs Jr. è nato a Brooklyn, New York il 16 Aprile del 1945. Ha studiato alla Bucknell University, Lewisburg, e alla Johns Hopkins University, Baltimore MD, Mathematical Statistics. Successivamente ha conseguito ulteriori titoli alla Cambridge University e alla Jackson Laboratory. Dal 1979 è Professore della Divisione di Epidemiologia alla School of Public Health in Minnesota. Ha ricevuto numerosi riconoscimenti tra cui The Mark A. Bieber Award conferito dall’American College of Nutrition nel 2012 e un Lifetime Achievement Award in Whole Grain Research dalla fondazione Grains for Health.
Isidoro Moreno Navarro
La cucina sivigliana del Mediterraneo
Isidoro Moreno Navarro, classe 1944, intervistato nel 2015, ripercorre la storia del cibo andaluso e del Mediterraneo. Dai piatti poveri a base di trippa di maiale, ai piatti tipici delle festività, analizza la cucina mediterranea attraverso tutte le sue sfumature, senza tralasciare la cucina gitana, il gazpacho, le tapas e il cibo della sua infanzia. Senza tralasciare una interessante analisi sulla dieta mediterranea e la sua candidatura UNESCO e l’importanza della conoscenza dei saperi antichi della cucina, che hanno fondato la cultura alimentare mediterranea.
Isidoro Moreno Navarro
La cucina sivigliana del Mediterraneo
Isidoro Moreno Navarro, classe 1944, intervistato nel 2015, ripercorre la storia del cibo andaluso e del Mediterraneo. Dai piatti poveri a base di trippa di maiale, ai piatti tipici delle festività, analizza la cucina mediterranea attraverso tutte le sue sfumature, senza tralasciare la cucina gitana, il gazpacho, le tapas e il cibo della sua infanzia. Senza tralasciare una interessante analisi sulla dieta mediterranea e la sua candidatura UNESCO e l’importanza della conoscenza dei saperi antichi della cucina, che hanno fondato la cultura alimentare mediterranea.
Luigi Frusciante
Pomodoro e biodiversità
Luigi Frusciante è Professore Ordinario di Genetica Agraria presso la Facoltà di Agraria dell’Università degli Studi di Napoli Federico II. È autore di più di 190 pubblicazioni scientifiche e divulgative. Con il suo gruppo di ricerca ha contribuito al sequenziamento del genoma del pomodoro, scoperta che è valsa a lui e ai suoi colleghi la copertina di “Nature” nel 2012. Attraverso aneddoti e storie affascinanti, ci racconta delle sue memorie alimentari e del suo rapporto con il territorio. Le sue parole rivelano la passione per la ricerca scientifica ed evidenziano l’importanza della biodiversità e la necessità di preservarla.
Luigi Maria Lombardi Satriani
Cibo è sacro
Luigi Maria Lombardi Satriani, classe 1936, calabrese di San Costantino di Briatico, è stato intervistato per i Granai del Mediterraneo il 7 marzo del 2013.
Ha insegnato Etnologia all’università LaSapienza di Roma, Antropologia culturale all’università di Messina, Storia delle tradizioni popolari all’università della Calabria e Culture e identità italiane presso l’università Suor Orsola Benincasa di Napoli, ma anche nelle università di Trieste, Bergamo, Foggia, Reggio Calabria, Palermo e Sassari. È stato Senatore della Repubblica nella XIII Legislatura (dal 1996 al 2001) e ha preso parte alla Commissione Cultura Senato e alla Commissione Bicamerale sull’organizzazione mafiosa e sulle altre realtà criminali.
Per Lombardi Satriani la memoria «è un seme che dobbiamo custodire, raccogliere, far fruttificare». Ogni memoria ed ogni essere umano sono un patrimonio dell’umanità, da rispettare. L’antropologo riflette sul ruolo giocato dai cibi nella costruzione delle memorie e li considera dei semi di cultura, che non solo restituiscono il senso di una stagione, ma di un’epoca.
Pensando alla sua infanzia, Lombardi Satriani recupera il ricordo del fricò, un cibo siciliano introdotto nella sua famiglia da una zia, sposata ad un messinese. Si inzuppava il pane nel latte, vi si adagiavano piselli, uova sode, formaggio, provola, poi si stendeva sopra un altro strato di pane bagnato nel latte e un altro strato di ripieno, ancora altro pane e altro ripieno, infine si metteva a cuocere nel forno finché non dorava. Questa preparazione non è una semplice ricetta per l’antropologo, è la cifra della storia della sua famiglia legata a ricordi di convivialità, parole, gesti, saperi e sapori tramandati dalla zia ai fratelli e ai nipoti, e da questi ai propri figli e nipoti.
Nessuna società resta però immobile nel tempo: «se anche noi ci volessimo fermare al passato, il tempo finirebbe per trasformarci».
Luigi Maria Lombardi Satriani
Cibo è sacro
Luigi Maria Lombardi Satriani, classe 1936, calabrese di San Costantino di Briatico, è stato intervistato per i Granai del Mediterraneo il 7 marzo del 2013.
Ha insegnato Etnologia all’università LaSapienza di Roma, Antropologia culturale all’università di Messina, Storia delle tradizioni popolari all’università della Calabria e Culture e identità italiane presso l’università Suor Orsola Benincasa di Napoli, ma anche nelle università di Trieste, Bergamo, Foggia, Reggio Calabria, Palermo e Sassari. È stato Senatore della Repubblica nella XIII Legislatura (dal 1996 al 2001) e ha preso parte alla Commissione Cultura Senato e alla Commissione Bicamerale sull’organizzazione mafiosa e sulle altre realtà criminali.
Per Lombardi Satriani la memoria «è un seme che dobbiamo custodire, raccogliere, far fruttificare». Ogni memoria ed ogni essere umano sono un patrimonio dell’umanità, da rispettare. L’antropologo riflette sul ruolo giocato dai cibi nella costruzione delle memorie e li considera dei semi di cultura, che non solo restituiscono il senso di una stagione, ma di un’epoca.
Pensando alla sua infanzia, Lombardi Satriani recupera il ricordo del fricò, un cibo siciliano introdotto nella sua famiglia da una zia, sposata ad un messinese. Si inzuppava il pane nel latte, vi si adagiavano piselli, uova sode, formaggio, provola, poi si stendeva sopra un altro strato di pane bagnato nel latte e un altro strato di ripieno, ancora altro pane e altro ripieno, infine si metteva a cuocere nel forno finché non dorava. Questa preparazione non è una semplice ricetta per l’antropologo, è la cifra della storia della sua famiglia legata a ricordi di convivialità, parole, gesti, saperi e sapori tramandati dalla zia ai fratelli e ai nipoti, e da questi ai propri figli e nipoti.
Nessuna società resta però immobile nel tempo: «se anche noi ci volessimo fermare al passato, il tempo finirebbe per trasformarci».
Alberto Folin
I piatti voluttosi di Giacomo Leopardi
Alberto Folin ci accompagna in un viaggio appassionante fra cibo, letteratura e poesia. Dalle novelle del Decameron di Boccaccio, spesso ambientate in luoghi densi di fumi e grevi di odori, in cui dominano scene mangerecce e sensuali, ci spostiamo alla scoperta del cibo allegorico sulle tavole dei ricchi e su quelle dei poveri nei Promessi sposi e arriviamo a Napoli sulla tavola di Giacomo Leopardi, nella cucina di Villa delle Ginestre, dove il cuoco di casa Ranieri, il “Monsiù” Pasquale Ignarra soddisfaceva gli appetiti voluttuosi del poeta a suon di fritti, fegatini, gnocchi e bigné.
L’itinerario tracciato da Alberto Folin continua intrecciando i suoi personali luoghi e cibi del cuore – Venezia, Napoli, la Grecia; i frittolini, lo stoccafisso mantecato, le sarde in saòr, la trippa – per concludersi con una intensa definizione del Mediterraneo e della Dieta mediterranea ispirata alla mitologia classica: «il Mediterraneo è pulsione di vita […] è vino e acqua trasparente. È abisso e relazione».
Stefano Mazzone
Lo Chef interprete del Quisisana di Capri
La testimonianza dell’executive chef del Quisisana di Capri. Un viaggio attraverso i suoi ricordi, i suoi maestri, le sue origini e la storia dell’isola e dell’albergo. Un racconto dove il cibo funge da filo conduttore e musa ispiratrice di un colto artista e interprete della magica isola di Capri.
Stefano Mazzone
Lo Chef interprete del Quisisana di Capri
La testimonianza dell’executive chef del Quisisana di Capri. Un viaggio attraverso i suoi ricordi, i suoi maestri, le sue origini e la storia dell’isola e dell’albergo. Un racconto dove il cibo funge da filo conduttore e musa ispiratrice di un colto artista e interprete della magica isola di Capri.
Franca Di Mauro
Una brigata tutta al femminile
Analizziamo con la chef Franca Di Mauro l’importanza del territorio e delle tradizioni che ci legano.
Parliamo della grande importanza delle donne e delle loro grandi capacità nel campo culinario. Infine diamo uno sguardo a quanto sia importante educare i bambini, i quali saranno futuri uomini, ad una corretta alimentazione e conoscenza delle nostre tradizioni.
Giuseppe Iannotti
Krèsios: il formicaio
Giuseppe Iannotti nasce nel 1982 a Telese terme. Frequenta il liceo scientifico che lo porta a studiare ingegneria informatica ma nel 2007 interrompe gli studi per seguire la sua passione e apre un ristorante a Castelvenere, che già portava il nome “Krèsios”. Da lì a poco inaugura anche una bottega di specialità gastronomiche selezionate con cura maniacale (Krèsios Bottega, a Telese Terme). Nel 2011 i due progetti si fondono e trasferiscono la residenza sotto un unico tetto, quello di una masseria di famiglia appena fuori Telese, l’attuale Krèsios, cornice oggi di un ristorante gourmet, e alcune eleganti camere. Nell’intervista avrete modo di scoprire con quanta cura e passione vengono trattate, studiate e trasformate le materie prime, utilizzate al Krèsios, in piatti elaborati ed unici. Lo chef spiega chiaramente il suo punto di vista riguardo la dieta mediterranea, la territorialità, la stagionalità e la freschezza degli ingredienti; e di quanto sia importante per lui mantenere intatti i ricordi legati alla cucina, come si nota in uno dei piatti più conosciuti del suo ristorante, la pastina al formaggino.
Giuseppe Iannotti
Krèsios: il formicaio
Giuseppe Iannotti nasce nel 1982 a Telese terme. Frequenta il liceo scientifico che lo porta a studiare ingegneria informatica ma nel 2007 interrompe gli studi per seguire la sua passione e apre un ristorante a Castelvenere, che già portava il nome “Krèsios”. Da lì a poco inaugura anche una bottega di specialità gastronomiche selezionate con cura maniacale (Krèsios Bottega, a Telese Terme). Nel 2011 i due progetti si fondono e trasferiscono la residenza sotto un unico tetto, quello di una masseria di famiglia appena fuori Telese, l’attuale Krèsios, cornice oggi di un ristorante gourmet, e alcune eleganti camere. Nell’intervista avrete modo di scoprire con quanta cura e passione vengono trattate, studiate e trasformate le materie prime, utilizzate al Krèsios, in piatti elaborati ed unici. Lo chef spiega chiaramente il suo punto di vista riguardo la dieta mediterranea, la territorialità, la stagionalità e la freschezza degli ingredienti; e di quanto sia importante per lui mantenere intatti i ricordi legati alla cucina, come si nota in uno dei piatti più conosciuti del suo ristorante, la pastina al formaggino.
Ernesto Iaccarino
Avere fame
Per raccontare l’importanza della Dieta Mediterranea, abbiamo deciso di intervistare lo chef Ernesto Iaccarino, del ristorante stellato “Don Alfonso 1890” a Sant’Agata sui Due Golfi, in Penisola Sorrentina. La scelta è ricaduta sullo chef Iaccarino, classe 1970, nato a Piano di Sorrento, poiché attualmente la sua concezione culinaria e, più in generale di ristorazione, ha come obiettivo quello di esaltare e diffondere i principi alimentari, ma soprattutto culturali, che caratterizzano la Dieta Mediterranea. Attraverso la sua narrazione, lo chef ha ripercorso il suo vissuto, spiegando attraverso le sue esperienze l’origine di un sistema alimentare e culturale, individuato da Ancel Keys, ma che presenta radici ben più profonde. Lo chef Ernesto Iaccarino, infatti, nel corso dell’intervista ha spiegato come prodotti inizialmente inutilizzati poi sono divenuti d’utilizzo comune nell’area mediterranea e come un sistema alimentare che ha origini antichissime, sia ancora oggi una questione centrale nella quotidianità delle persone, ed inoltre come si adatti a prescindere dall’epoca. Tramite le sue esperienze, ha raccontato come, passando di generazione in generazione, questo modello di alimentazione e di vita, si sia adattato senza stravolgersi al panorama culinario moderno e dell’alta cucina, tanto da essere ricercato in tutto il mondo. Lo chef ha infatti ribadito l’importanza che ha per lui diffondere i principi della Dieta Mediterranea, attraverso l’utilizzo innovativo di prodotti locali, senza andare a stravolgere l’identità dell’alimento stesso, in modo tale da trasmettere attraverso l’esperienza della degustazione, tutta la storia, la cultura e le tradizioni che sono racchiusi in quella pietanza. Al termine dell’intervista, abbiamo potuto constatare come il regime mediterraneo, si possa applicare a tutti gli ambiti della vita, diventando oltre che uno strumento per un’alimentazione salutare, anche una forma di racconto delle tradizioni e abitudini di una popolazione, creando così una forma di comunicazione universale ricercata in tutto il mondo.
Peppe Zullo L’intelligenza della spontaneità
Peppe Zullo è un cuoco contadino che ha saputo restituire alla sua terra l’orgoglio che merita portandola in giro per il mondo. Per Peppe Zullo il cibo è considerato “elemento della felicità”, valore ed obiettivo perseguito nel suo ideale. Lo abbiamo incontrato a Orsara di Puglia, nel suo ristorante. Accolti dalla sua travolgente ospitalità e dal suo vino rosè “Amarosa”, ci siamo fatti raccontare la sua storia condita di esempi pratici, inoltrandoci nel suo boschetto alla ricerca della cena, ed insieme l’abbiamo preparata, nulla di complicato nulla di già stabilito, tutto basato sulla generosità della natura e sulla creatività travolgente dello chef, con tanto di video ricetta.
Peppe Zullo L’intelligenza della spontaneità
Peppe Zullo è un cuoco contadino che ha saputo restituire alla sua terra l’orgoglio che merita portandola in giro per il mondo. Per Peppe Zullo il cibo è considerato “elemento della felicità”, valore ed obiettivo perseguito nel suo ideale. Lo abbiamo incontrato a Orsara di Puglia, nel suo ristorante. Accolti dalla sua travolgente ospitalità e dal suo vino rosè “Amarosa”, ci siamo fatti raccontare la sua storia condita di esempi pratici, inoltrandoci nel suo boschetto alla ricerca della cena, ed insieme l’abbiamo preparata, nulla di complicato nulla di già stabilito, tutto basato sulla generosità della natura e sulla creatività travolgente dello chef, con tanto di video ricetta.
Lino Scarallo
La stella della semplicità
Quest’intervista è stata realizzata con lo scopo di scavare nella memoria di uno chef al fine di comprendere quale sia il suo rapporto con la dieta mediterranea e comprenderne l’importanza che riveste nella sua cucina e i suoi modi di declinarla in tutte le sue forme nei piatti che propone, i quali ne sono magistrale interpretazione. Nel corso della conversazione, sono state ripercorse le principali tappe della vita in rapporto al cibo dello chef Lino Scarallo. L’intervista prende il via con i ricordi d’infanzia dello chef legati ai piatti della tradizione e alle persone che hanno partecipato a questa sua esperienza formativa iniziata già da bambino attraverso gli odori e i sapori della cucina dei nonni. Subito dopo aver tracciato le linee guida degli ingredienti che hanno influenzato il suo attuale modo di cucinare, si è passati a parlare di come attualmente lo chef gestisce le primizie e gli abbinamenti nella sua cucina, di quali sono i suoi menù e con quale frequenza vengono aggiornati e rivisitati. In seguito, è stato affrontato il tema dell’antinomia tra tradizione ed innovazione, diventata un vessillo della cucina di Lino Scarallo, il quale afferma di non poter immaginare un’innovazione senza guardare indietro alla tradizione, base e fondamento di qualsiasi novità. Si è poi trattato il tema della multiculturalità dei suoi piatti, delle influenze internazionali, e della commistione di sapori lontani. Infine, è stato chiesto allo chef di dare una definizione di dieta mediterranea, la quale rimane la regina indiscussa della sua cucina, che è stata definita semplice e sana, con il rispetto per gli ingredienti di prima qualità che la rendono unica. Una unicità che forse, risiede proprio nella sua semplicità.
Marianna Vitale
Chef Stella Michelin
Donna fortemente legata al territorio e dal profondo senso di appartenenza. La proposta del suo ristorante, compromesso tra tradizione e progetto commerciale, nasce sotto l’influenza di una Porta Capuana frenetica dove le donne cucinavano con velocità di pensiero, di scelta, e di intuizione. La sua è una cucina fortemente incentrata sul recupero dei prodotti territoriali e sul km0, dove ogni accostamento è possibile.
Marianna Vitale
Chef Stella Michelin
Donna fortemente legata al territorio e dal profondo senso di appartenenza. La proposta del suo ristorante, compromesso tra tradizione e progetto commerciale, nasce sotto l’influenza di una Porta Capuana frenetica dove le donne cucinavano con velocità di pensiero, di scelta, e di intuizione. La sua è una cucina fortemente incentrata sul recupero dei prodotti territoriali e sul km0, dove ogni accostamento è possibile.
Pasquale Palamaro
Autenticità e artigianalità per una cucina verace
Pasquale Palamaro, chef stellato di origine ischitana, propone al MedEatResearch un viaggio attraverso i sapori del Mediterraneo. Nel suo percorso di formazione ha saputo sapientemente mescolare i sapori della sua terra, la forza della tradizione culinaria di cui essi si fanno portavoce, l’amore materno che la cucina mediterranea porta in sé e un gusto per la ricerca e la contaminazione.
Nino Di Costanzo
Racconta l’isola di Ischia
Nino Di Costanzo, chef stellato di fama internazionale, in questa generosa intervista offerta al MedEatResearch, ricostruisce il percorso che lo ha condotto a realizzare nella sua terra natia un luogo d’eccellenza e di benessere che parla di territorio, di tradizione, di rispetto e di salvaguardia del patrimonio ambientale e culturale.
Nino Di Costanzo
Racconta l’isola di Ischia
Nino Di Costanzo, chef stellato di fama internazionale, in questa generosa intervista offerta al MedEatResearch, ricostruisce il percorso che lo ha condotto a realizzare nella sua terra natia un luogo d’eccellenza e di benessere che parla di territorio, di tradizione, di rispetto e di salvaguardia del patrimonio ambientale e culturale.
Viviana Marrocoli
L’arte culinaria delle donne
Con questa testimonianza abbiamo percorso la carriera della chef Viviana Marrocoli e molte delle tradizioni culinarie napoletane.
La rivisitazione con tecniche moderne di piatti classici di Vincenzo Corrado ed Ippolito Cavalcanti è una chiave di lettura per comprendere meglio la cucina tradizionale passata ed odierna.
Sabatino Sirica
La storia di un pasticciere ed il suo legame con la tradizione
Sabatino Sirica è un maestro della pasticceria napoletana. Nominato Cavaliere della Repubblica dal presidente Giorgio Napolitano. Originario di Sarno, ha mosso i primi passi nel mondo della pasticceria sin da bambino, appena dodicenne, girando per le pasticcerie di Napoli. Dopo una lunga gavetta, nel 1976 ha aperto la sua attività a San Giorgio a Cremano. La sua è una pasticceria di impronta tradizionale, i suoi must infatti restano da sempre le sfogliatelle ricce e frolle, i babà, le pastiere, le capresi e le torte per compleanno classiche, decorate semplicemente con panna e fragole. Ma nel tempo la sua esperienza lo ha fatto maturare ed ha allargato la sua offerta in pasticceria con dolci più internazionali. Sabatino ripercorre la sua storia, la sua formazione da pasticcere e la sua infanzia. Ci riporta indietro nel tempo attraverso ricordi e piatti che gli preparava la nonna. Racconta aneddoti e storie legate all’origine di molti dolci napoletani. Descrive i sapori ed i profumi che caratterizzano la pasticceria tradizionale napoletana. Sabatino Sirica ha un forte legame con la tradizione.
Sabatino Sirica
La storia di un pasticciere ed il suo legame con la tradizione
Sabatino Sirica è un maestro della pasticceria napoletana. Nominato Cavaliere della Repubblica dal presidente Giorgio Napolitano. Originario di Sarno, ha mosso i primi passi nel mondo della pasticceria sin da bambino, appena dodicenne, girando per le pasticcerie di Napoli. Dopo una lunga gavetta, nel 1976 ha aperto la sua attività a San Giorgio a Cremano. La sua è una pasticceria di impronta tradizionale, i suoi must infatti restano da sempre le sfogliatelle ricce e frolle, i babà, le pastiere, le capresi e le torte per compleanno classiche, decorate semplicemente con panna e fragole. Ma nel tempo la sua esperienza lo ha fatto maturare ed ha allargato la sua offerta in pasticceria con dolci più internazionali. Sabatino ripercorre la sua storia, la sua formazione da pasticcere e la sua infanzia. Ci riporta indietro nel tempo attraverso ricordi e piatti che gli preparava la nonna. Racconta aneddoti e storie legate all’origine di molti dolci napoletani. Descrive i sapori ed i profumi che caratterizzano la pasticceria tradizionale napoletana. Sabatino Sirica ha un forte legame con la tradizione.
Michele e Salvatore Giugliano Passato, presente e futuro del ristorante napoletano per eccellenza
La storia del ristorante Mimí alla ferrovia. Aneddoti e piatti preferiti dei clienti illustri di ieri e di oggi.
Maurizio Focone
La valorizzazione del territorio tra tradizione e innovazione
Maurizio Focone, cuoco e proprietario del ristorante Viva lo Re ad Ercolano, racconta la sua esperienza in ambito gastronomico tra valorizzazione del territorio, tradizione e innovazione. La sua lunga carriera lo ha portato alla trasmissione Geo e Geo sulla rai dove ha presentato un suo piatto della Dieta Mediterranea.
Maurizio Focone
La valorizzazione del territorio tra tradizione e innovazione
Maurizio Focone, cuoco e proprietario del ristorante Viva lo Re ad Ercolano, racconta la sua esperienza in ambito gastronomico tra valorizzazione del territorio, tradizione e innovazione. La sua lunga carriera lo ha portato alla trasmissione Geo e Geo sulla rai dove ha presentato un suo piatto della Dieta Mediterranea.
Gerardo Modugno
Il Monzù dei fritti
Gerardo Modugno, l’ultimo monzù napoletano in vita che ha servito durante la sua vita diverse famiglie nobiliari, tra cui quella dei Caracciolo per oltre 36 anni. La sua cucina rappresenta il perfetto sposalizio tra la cucina classica napoletana e la grande cucina francese.
Renato De Gregorio
Mia nonna ha inventato il raviolo di Capri
Renato De Gregorio, nipote della donna che nel 1922 per un banchetto del Dott. Edwin Cerio creò il famoso raviolo caprese, piatto tipico e unico dell’isola di Capri.
Renato De Gregorio
Mia nonna ha inventato il raviolo di Capri
Renato De Gregorio, nipote della donna che nel 1922 per un banchetto del Dott. Edwin Cerio creò il famoso raviolo caprese, piatto tipico e unico dell’isola di Capri.
Gennaro Esposito
La concretezza della semplicità
Gennaro Esposito è un cuoco eccelso partenopeo, proprietario del ristorante Torre del Saracino a Vico Equense, terra che lo ha generato e a cui lui è da sempre legato. Il suo percorso professionale ed imprenditoriale è contraddistinto da due stelle Michelin ricevute rispettivamente nel 2001 e nel 2008. Sbirciando tra ricordi indelebili, lo chef Gennaro Esposito svela la figura della madre, sinonimo di lavoro, semplicità e concretezza, i valori che lui ha voluto riproporre nella sua cucina avendo però sempre lo sguardo puntato all’innovazione e alla creatività. Lo chef definisce la cucina innovativa solo quando essa riesce a conquistare i cuori delle persone e dunque quando risulta facilmente riproducibile da tutti. Spera in un futuro migliore per le produzioni agricole messe a rischio sia dai cambiamenti climatici che dal disinteresse dei giovani oggi poco avvezzi ai tempi lenti della natura. Per il futuro il nostro chef vede dei piatti che raccontano la personalità dei propri autori ed in cui trovano spazio sempre più le materie prime tipiche del territorio e la semplicità.
Peppino Tinari
Carnevale fa rima con maiale
Ai piedi della Majella Madre, nel cuore del Parco Nazionale (a Guardiagrele, in provincia di Chieti) istituito per proteggerne i suoi diversi tesori, vive da decenni un luogo che va oltre il ristorante, per molti una casa. Tra paesaggi mirifici e selvaggi, luoghi resi magici da racconti e storie di coltivatori e pastori nomadi, di soldati che in questi boschi hanno fatto la guerra e di eremiti che hanno trovato nel silenzio di questa montagna l’essenza della propria vita, Villa Maiella è l’insegna della coppia Peppino Tinari e Angela Di Crescenzo. Entrambi cuochi ma anche molto di più, custodi generosi dei saperi abruzzesi, una storia iniziata negli anni ‘60 quando il ristorante con stella Michelin di oggi era una semplice fiaschetteria. I due si dedicano da sempre all’autenticità enogastronomica abruzzese: ricette della tradizione preparati secondo le regole, impiattamento della conoscenza dei prodotti (specialmente della carne e dei suoi tagli), ciclo produttivo chiuso dalla fattoria di proprietà alla cucina passando per gli affinamenti e le affumicature dei salumi tutti fatti e lavorati in casa, dimostrazione delle tecniche imparate e tramandate negli anni e rispetto delle tradizioni perpetuate come l’uccisione del maiale nel periodo del Carnevale. Peppino ed Angela sono stati in grado di valorizzare la cucina povera abruzzese donandole la propria dignità.
Peppino Tinari
Carnevale fa rima con maiale
Ai piedi della Majella Madre, nel cuore del Parco Nazionale (a Guardiagrele, in provincia di Chieti) istituito per proteggerne i suoi diversi tesori, vive da decenni un luogo che va oltre il ristorante, per molti una casa. Tra paesaggi mirifici e selvaggi, luoghi resi magici da racconti e storie di coltivatori e pastori nomadi, di soldati che in questi boschi hanno fatto la guerra e di eremiti che hanno trovato nel silenzio di questa montagna l’essenza della propria vita, Villa Maiella è l’insegna della coppia Peppino Tinari e Angela Di Crescenzo. Entrambi cuochi ma anche molto di più, custodi generosi dei saperi abruzzesi, una storia iniziata negli anni ‘60 quando il ristorante con stella Michelin di oggi era una semplice fiaschetteria. I due si dedicano da sempre all’autenticità enogastronomica abruzzese: ricette della tradizione preparati secondo le regole, impiattamento della conoscenza dei prodotti (specialmente della carne e dei suoi tagli), ciclo produttivo chiuso dalla fattoria di proprietà alla cucina passando per gli affinamenti e le affumicature dei salumi tutti fatti e lavorati in casa, dimostrazione delle tecniche imparate e tramandate negli anni e rispetto delle tradizioni perpetuate come l’uccisione del maiale nel periodo del Carnevale. Peppino ed Angela sono stati in grado di valorizzare la cucina povera abruzzese donandole la propria dignità.
Rosanna Marziale
La nuova cucina della tradizione
Rosanna Marziale, chef del ristorante stellato “Le Colonne”, racconta il suo lavoro fortemente connesso al territorio casertano, la nascita della sua attività tramandata dai genitori e la nuova cucina della tradizione che la contraddistingue.
Giampaolo Caruso
Ristorazione italiana all’estero
Giampaolo Caruso, ristoratore, nasce a Benevento nel 1945. Figlio di contadini, ancora molto giovane abbandona l’Italia per imparare i segreti della cucina Europea. Diplomatosi alla scuola alberghiera di Salerno e dopo una lunga militanza in ristoranti internazionali decide di fare un connubio tra quanto appreso sul campo e la cucina dei suoi nonni e genitori. Recatosi a Düsseldorf si apre, all’interno dei locali di una vecchia stazione, un ristorante molto vicino al modo di vivere dei contadini meridionali. I prodotti buoni, fatti venire tutti dalla sua amata Italia, la libertà lasciata ai clienti e l’ottimo prezzo fanno del ristorante “Caruso” uno dei più importanti in Germania e all’estero.
Nell’intervista ci racconta il suo percorso di vita, le sue esperienze, le differenze tra le varie cucine e l’importanza degli chef italiani nel mondo. Ci parla dei prodotti da lui scelti, sempre di prima qualità e comprati da persone di fiducia in Italia. Ci racconta delle difficoltà ad inserire la cipolla nelle abitudini tedesche fino a farla diventare la regina della tavola. Ci fa un veloce elenco dei personaggi importanti che hanno degustato i suoi semplici piatti: George Clooney, le gemelle Kessler e Johannes Rau ecc. A microfoni spenti ci racconta la sua difficile scelta di chiudere il locale a seguito di un esproprio da parte dello Stato dovuto al recupero/restauro delle vecchie stazioni. Scelta maturata anche dalla necessità di dedicarsi ai suoi hobby. E chiude con un augurio alla cucina italiana e con la speranza che gli chef mondiali si rendano conto che il lusso è il prodotto e non “l’etichetta lusso”.
Giampaolo Caruso
Ristorazione italiana all’estero
Giampaolo Caruso, ristoratore, nasce a Benevento nel 1945. Figlio di contadini, ancora molto giovane abbandona l’Italia per imparare i segreti della cucina Europea. Diplomatosi alla scuola alberghiera di Salerno e dopo una lunga militanza in ristoranti internazionali decide di fare un connubio tra quanto appreso sul campo e la cucina dei suoi nonni e genitori. Recatosi a Düsseldorf si apre, all’interno dei locali di una vecchia stazione, un ristorante molto vicino al modo di vivere dei contadini meridionali. I prodotti buoni, fatti venire tutti dalla sua amata Italia, la libertà lasciata ai clienti e l’ottimo prezzo fanno del ristorante “Caruso” uno dei più importanti in Germania e all’estero.
Nell’intervista ci racconta il suo percorso di vita, le sue esperienze, le differenze tra le varie cucine e l’importanza degli chef italiani nel mondo. Ci parla dei prodotti da lui scelti, sempre di prima qualità e comprati da persone di fiducia in Italia. Ci racconta delle difficoltà ad inserire la cipolla nelle abitudini tedesche fino a farla diventare la regina della tavola. Ci fa un veloce elenco dei personaggi importanti che hanno degustato i suoi semplici piatti: George Clooney, le gemelle Kessler e Johannes Rau ecc. A microfoni spenti ci racconta la sua difficile scelta di chiudere il locale a seguito di un esproprio da parte dello Stato dovuto al recupero/restauro delle vecchie stazioni. Scelta maturata anche dalla necessità di dedicarsi ai suoi hobby. E chiude con un augurio alla cucina italiana e con la speranza che gli chef mondiali si rendano conto che il lusso è il prodotto e non “l’etichetta lusso”.
Antonietta Imperatrice
Il tempo della cucina
Antonietta Imperatrice, cuoca e proprietaria di una delle più antiche trattorie nel cuore di Napoli, ci racconta la sua idea di tradizione. Dalla storia della sua famiglia, il cui padre, pugliese, le insegna l’amore per la cucina e alcune ricette del suo luogo natio, come fave e cicoria “che sa fare solo lei” – e che oggi propone ai clienti del ristorante – alla sua idea di ristorazione oggi. Una cucina, la sua, che riprende la tradizione; una cucina semplice, il cui ingrediente principale è il tempo, che oggi non c’è più. Dalla ricetta della genovese a quella del ragù, la chef de la “Osteria della Mattonella” ci spiega l’importanza dei tempi in cucina, ma anche i suoi piatti preferiti, le sue ricette, la sua idea di tradizione – anche in relazione ai ruoli di genere – e di Dieta Mediterranea.
Alfonso Iaccarino
Tutti i buoni motivi per mangiare la pasta
Contro le più diffuse prescrizioni della dietetica contemporanea, lo chef pluristellato Alfonso Iaccarino si dichiara fautore convinto di un’alimentazione a base di pasta.
A sostegno della sua tesi, propone il modello dell’amico ciclista Francesco Moser che ha tratto effetti molto positivi per la sua attività sportiva sostituendo le proteine animali con la pasta abbinata a legumi e frutta.
Alfonso Iaccarino ribadisce la necessità di trasmettere alle generazioni future la memoria del cibo e ritiene auspicabile il recupero della zootecnia collinare e della vocazione cerealicola dell’Italia.
Alfonso Iaccarino
Tutti i buoni motivi per mangiare la pasta
Contro le più diffuse prescrizioni della dietetica contemporanea, lo chef pluristellato Alfonso Iaccarino si dichiara fautore convinto di un’alimentazione a base di pasta.
A sostegno della sua tesi, propone il modello dell’amico ciclista Francesco Moser che ha tratto effetti molto positivi per la sua attività sportiva sostituendo le proteine animali con la pasta abbinata a legumi e frutta.
Alfonso Iaccarino ribadisce la necessità di trasmettere alle generazioni future la memoria del cibo e ritiene auspicabile il recupero della zootecnia collinare e della vocazione cerealicola dell’Italia.
Ernestina Amendola
La cucina della grazia
Ernestina Amendola è proprietaria, insieme al marito Angelo Masarone, del ristorante “Le taverne”, che si trova ad Acciaroli (Pollica) nel cuore del Parco Nazionale del Cilento. La sua è una cucina tradizionale a base dei prodotti della terra, curata da sole donne, tra cui la zia e la mamma novantenne che si dedicano con grazia alla preparazione dei cibi da offrire agli ospiti del ristorante.Nel video mostra come si preparano le polpette di melanzane, che la nonna le cucinava quando era una bambina manipolando e coccolando l’impasto e infine servendo la pietanza in un grande tegame con abbondante sugo e pane casereccio. Per Ernestina la Dieta Mediterranea non è una moda degli ultimi anni, ma è il modello alimentare che ha appreso naturalmente nascendo e vivendo in Cilento. Mangiare le verdure di stagione è una consuetudine per tutti gli abitanti della regione meno giovani. Tra i suoi ricordi più vividi vi è la passione e la tenacia del sindaco pescatore Angelo Vassallo nel diffondere e non disperdere la cultura alimentare del Cilento.
Livia Adario Iaccarino
del Relais Don Alfonso 1890 di Sant’Agata sui Due Golfi (Napoli)
Livia Iaccarino ripercorre la sua carriera professionale accanto al marito Alfonso dall’adolescenza fino alle prime esperienze lavorative. Particolare enfasi viene dedicata all’incontro con i coniugi Keys in compagnia dello scrittore Gore Vidal. Nel finale vengono ripercorse le numerose visite dei più grandi personaggi dello spettacolo e della cultura.
Livia Adario Iaccarino
del Relais Don Alfonso 1890 di Sant’Agata sui Due Golfi (Napoli)
Livia Iaccarino ripercorre la sua carriera professionale accanto al marito Alfonso dall’adolescenza fino alle prime esperienze lavorative. Particolare enfasi viene dedicata all’incontro con i coniugi Keys in compagnia dello scrittore Gore Vidal. Nel finale vengono ripercorse le numerose visite dei più grandi personaggi dello spettacolo e della cultura.
Gianluca D’Agostino
La ricchezza e l’umiltà della tradizione
Gianluca D’Agostino nasce a Napoli nel 1977 da genitori avellinesi. A Napoli rimane fino ai 6 anni per poi tornare ad Avellino, per la precisione a Castelvetere, fino ai 18 anni. Si ritiene avellinese a tutti gli effetti: ha casa a Castelvetere e qui ha conosciuto sua moglie. Piatti del cuore: parmigiana di melanzane per l’estate e salsiccia e friarielli per l’inverno.
Nonostante una passione innata per la cucina e una cultura familiare attenta e rispettosa per il cibo, la formazione di D’Agostino esula dai classici percorsi: non ha iniziato a 15 anni e non ha frequentato l’alberghiero, dopo il liceo si era anzi iscritto alla facoltà di giurisprudenza a Napoli, alla Federico II.
Più semplicemente, il lavoro in cucina si spiega con la necessità: raggiungere un’autonomia economica. Lavoro iniziato ad Avellino, in alcune trattorie, all’età di 24 anni e facendo anche esperienze a Londra, dove si spacciò come cuoco provetto per sostenersi nel soggiorno.
Come momento svolta nel proprio percorso di formazione, D’Agostino ci tiene a ricordare un episodio accaduto durante il Corso di Professione Cuoco frequentato nel 2003 a Città del gusto a Roma. Qui, un giorno, lo chef formatore Severino Gaiezza propose a D’Agostino di andare a lavorare come cuoco in uno stabilimento balneare a Focene, Fiumicino.
Ecco, per D’Agostino quando qualcuno ti dà fiducia, autonomia e dall’altro lato si ha il coraggio di lanciarsi, si creano le condizioni importanti per avere consapevolezza della propria crescita. È stata quella un’esperienza utile anche per fare ulteriori passi.
Passi che dopo anni di formazione e lavoro portano al Veritas, ristorante di Stefano Giancotti di cui sposa il progetto imperniato essenzialmente sul rispetto del prodotto, della materia prima. Progetto che nel tempo si struttura, cresce nel numero di collaboratori in cucina e in sala, fino a raggiungere, con un lavoro faticoso e graduale e con il supporto della proprietà, il sospirato riconoscimento della stella.
Nel piccolo locale del Corso Vittorio Emanuele a Napoli, l’accoglienza è calibrata per regalare dei momenti di pausa rispetto al caos quotidiano e per trovare una cucina la cui evoluzione è consistita nel cercare di guardare quanto più possibile indietro nella tradizione.
Per D’Agostino l’unica chance di rivalsa nei confronti delle altre cucine europee è quella di guardare alla cucina regionale italiana, dove una moltitudine di prodotti di qualità vengono trasformati in infinite ricette. Discorso che vale in particolare per il sud d’Italia. Ovviamente il tutto è riproposto con lo sguardo alle esigenze alimentari del momento e il supporto della tecnologia: quindi alleggerendo dei grassi, facendo spiccare alcuni sapori e magari abbassando degli altri, per un menù settimanale sempre in linea con gli equilibri della dieta mediterranea.
Antonio Tubelli
L’ultimo monzù della cucina napoletana
Antonio Tubelli in questa intervista ci accompagna alla scoperta del mestiere del monzù, della cucina napoletana dei magiafoglie e dei mangiamaccheroni e dei suoi ricordi di infanzia appena dopo la guerra.
Antonio Tubelli
L’ultimo monzù della cucina napoletana
Antonio Tubelli in questa intervista ci accompagna alla scoperta del mestiere del monzù, della cucina napoletana dei magiafoglie e dei mangiamaccheroni e dei suoi ricordi di infanzia appena dopo la guerra.
Stefania Moroni
Figlia d’arte in cucina
Stefania Moroni è figlia di Aimo e Nadia, proprietari, dal 1962 de “Il Luogo di Aimo e Nadia”. La cucina proposta è una cucina legata alla comune terra di origine, la Toscana, di cui conoscono storia, tradizioni, prodotti, e dalla quale provengono molte materie prime che utilizzano ma che allo stesso tempo interpreta e ripropone in veste innovativa la ricca cultura gastronomica italiana.
Alfonso Mattozzi
A tavola con Mattozzi, storia di famiglia e cucina campana
Alfonso Mattozzi nasce a Napoli negli anni ’60 e cresce in una famiglia di ristoratori, mondo da cui rimane affascinato e che non abbandonerà mai. Alfonso ripercorre la storia della sua famiglia che s’intreccia e dà sapore alla cucina Napoletana. Passando dal cibo di strada alla “colazione alla forchetta”, dalla pizza alla ristorazione elegante, dalla tradizione all’innovazione, la famiglia Mattozzi vive la Napoli borbonica, fascista e moderna e le prepara da mangiare. Oggi proprietario dell’”Europeo”, ristorante in cui sono i prodotti della gastronomia campana a rendere i piatti “una certezza” per chiunque entri in un locale dove “la mozzarella parla” e dove si aspetta che la pasta della pizza “si rilassi” prima d’essere cotta.
Alfonso Mattozzi
A tavola con Mattozzi, storia di famiglia e cucina campana
Alfonso Mattozzi nasce a Napoli negli anni ’60 e cresce in una famiglia di ristoratori, mondo da cui rimane affascinato e che non abbandonerà mai. Alfonso ripercorre la storia della sua famiglia che s’intreccia e dà sapore alla cucina Napoletana. Passando dal cibo di strada alla “colazione alla forchetta”, dalla pizza alla ristorazione elegante, dalla tradizione all’innovazione, la famiglia Mattozzi vive la Napoli borbonica, fascista e moderna e le prepara da mangiare. Oggi proprietario dell’”Europeo”, ristorante in cui sono i prodotti della gastronomia campana a rendere i piatti “una certezza” per chiunque entri in un locale dove “la mozzarella parla” e dove si aspetta che la pasta della pizza “si rilassi” prima d’essere cotta.
Carmela Baglivi
Le melanzane ‘mbuttunate e gli altri piatti del Cilento antico
Carmela Baglivi, chef de “Al Frantoio”, ristorante della cooperativa “Nuovo Cilento”, che si occupa della produzione di olio biologico e dop, racconta e spiega come si preparano i piatti della tradizione cilentana. Come i fusilli con il castrato, i fusilli al sugo, i cavatielli con i fagioli, le lagane e ceci, le tagliatelle – tutta pasta rigorosamente senza uova come vuole la tradizione – le melanzane ‘mbuttunate e il suo piatto della memoria: l’acqua cecata.
La passione di Carmela per la cucina è nata ascoltando le ricette della sua terra ed i consigli degli anziani sul come rendere un piatto più gustoso.
Per Carmela Baglivi l’importanza della dieta mediterranea va oltre il semplice aspetto nutrizionale.
Annunziata Nazzaro
L’avamposto gastronomico di Nunzia
La “Trattoria Nunzia”, nel pieno centro storico di Benevento, nasce negli anni Trenta come rivendita di vini e per volere del nonno di Annunziata Nazzaro, oggi titolare del locale. È solo nell’immediato dopoguerra che la madre prende in mano le redini del locale facendolo diventare una vera e propria trattoria.Nunzia, custode di una memoria di ben quattro generazioni, è da tutti conosciuta per lo “scarpariello” un piatto nato dall’incontro tra due culture quella sannita e quella partenopea, una storia che ci descrive ripescando nei suoi ricordi di bambina. Nel suo locale ci accoglie tra consulenze telefoniche ai clienti desiderosi di conoscere i segreti del mangiar bene, ricordi di una cucina povera ma salutare e le descrizioni dei piatti di una Benevento che vive ancora di tradizioni. La trattoria di Nunzia con gli anni è divenuta il punto di incontro degli artisti presenti alla Rassegna Teatrale “Benevento Città Spettacolo” come Vittorio Gassman, Renato Zero, Lello Giulivo, questi solo per citarne alcuni.
Annunziata Nazzaro
L’avamposto gastronomico di Nunzia
La “Trattoria Nunzia”, nel pieno centro storico di Benevento, nasce negli anni Trenta come rivendita di vini e per volere del nonno di Annunziata Nazzaro, oggi titolare del locale. È solo nell’immediato dopoguerra che la madre prende in mano le redini del locale facendolo diventare una vera e propria trattoria.Nunzia, custode di una memoria di ben quattro generazioni, è da tutti conosciuta per lo “scarpariello” un piatto nato dall’incontro tra due culture quella sannita e quella partenopea, una storia che ci descrive ripescando nei suoi ricordi di bambina. Nel suo locale ci accoglie tra consulenze telefoniche ai clienti desiderosi di conoscere i segreti del mangiar bene, ricordi di una cucina povera ma salutare e le descrizioni dei piatti di una Benevento che vive ancora di tradizioni. La trattoria di Nunzia con gli anni è divenuta il punto di incontro degli artisti presenti alla Rassegna Teatrale “Benevento Città Spettacolo” come Vittorio Gassman, Renato Zero, Lello Giulivo, questi solo per citarne alcuni.
Maurizio De Giovanni
Napoli: non crea niente ma migliora tutto
Durante la chiacchierata tra il professor Marino Niola e Maurizio De Giovanni, in uno dei caffè storici di Napoli, il Gran caffè Gambrinus, sono emersi diversi aspetti della vita personale dello scrittore e numerose sue considerazioni sul mondo dell’enogastronomia, legata a Napoli e non solo. Al centro, come sempre la città con tutte le sue contraddizioni e unicità, ma soprattutto la sua apertura, contrapposta al Cilento, tanto caro a De Giovanni dal punto di vista editoriale, decisamente più rigido. Una Napoli che non crea niente, ma che migliora tutto, come ha ribadito più volte lo stesso scrittore.
Martin Parr
Noi siamo quello che mangiamo
Martin Parr è membro dell’agenzia fotografica Magnum. Dagli anni Novanta gira il mondo osservando e fotografando i comportamenti umani e le abitudini alimentari delle persone. I suoi cibi della memoria, quelli che gli preparavano sua nonna e sua mamma, sono il Christmas pudding, il tipico arrosto inglese e il cavolo con salsicce, ma da “self-confessed foodie” apprezza anche moltissimo il cibo mediterraneo e quello napoletano: l’olio d’oliva, la pizza, la mozzarella e soprattutto il modo tipicamente italiano di celebrare le verdure. Il cibo – dice – è uno dei regali più belli che l’Italia abbia fatto al mondo! E nota che questa particolare attenzione alla qualità si è diffusa negli ultimi anni anche in Gran Bretagna, il paese dove è nato e dove vive. Nel settembre 2010 è riuscito a ottenere una prenotazione per il ristorante El Bulli di Ferran Adrià a Barcellona. Nel suo blog ha descritto quell’esperienza come “un’indimenticabile notte a teatro”, ma il cibo italiano e napoletano – come racconta – rimane quello che lo ha soddisfatto di più.
Martin Parr
Noi siamo quello che mangiamo
Martin Parr è membro dell’agenzia fotografica Magnum. Dagli anni Novanta gira il mondo osservando e fotografando i comportamenti umani e le abitudini alimentari delle persone. I suoi cibi della memoria, quelli che gli preparavano sua nonna e sua mamma, sono il Christmas pudding, il tipico arrosto inglese e il cavolo con salsicce, ma da “self-confessed foodie” apprezza anche moltissimo il cibo mediterraneo e quello napoletano: l’olio d’oliva, la pizza, la mozzarella e soprattutto il modo tipicamente italiano di celebrare le verdure. Il cibo – dice – è uno dei regali più belli che l’Italia abbia fatto al mondo! E nota che questa particolare attenzione alla qualità si è diffusa negli ultimi anni anche in Gran Bretagna, il paese dove è nato e dove vive. Nel settembre 2010 è riuscito a ottenere una prenotazione per il ristorante El Bulli di Ferran Adrià a Barcellona. Nel suo blog ha descritto quell’esperienza come “un’indimenticabile notte a teatro”, ma il cibo italiano e napoletano – come racconta – rimane quello che lo ha soddisfatto di più.
Jan Fabre
racconta i cibi della sua memoria
Jan Fabre artista visivo, coreografo, regista teatrale, è nato ad Anversa nel 1958. È stato il primo artista contemporaneo a realizzare una mostra personale al museo Louvre di Parigi. Helga Sanità lo ha intervistato a Napoli nel giugno 2017, con Melania Rossi, in occasione delle sue mostre allo Studio Trisorio, al Museo Madre e al Museo di Capodimonte e dell’anteprima mondiale del suo ultimo lavoro teatrale Belgian Rules/Belgium Rules.
Andrej Končalovskij e Julia Vysotskaya
Il “dolce far niente” fra cinema e cucina
Il regista russo Andrej Končalovskij insignito alla 71a Mostra del cinema di Venezia del Green Drop Award 2014 per il film The postman’s white nights e sua moglie Julia Vysotskaya, attrice, presentatrice tv, blogger gastronomica e autrice di best-seller culinari, incontrano le ricercatrici del MedEatResearch a Napoli per raccontare il ruolo del cibo nella propria vita, lo stile alimentare che prediligono, i cibi italiani che amano – dalla mozzarella, al “cuzzetiello” (la crosta) del pane napoletano, alla pasta aglio olio e peperoncino – e ricostruire la propria originale immagine di Dieta Mediterranea, intesa da Končalovskij soprattutto come modo di vivere rilassante, ovvero “dolce far niente”.
Andrej Končalovskij e Julia Vysotskaya
Il “dolce far niente” fra cinema e cucina
Il regista russo Andrej Končalovskij insignito alla 71a Mostra del cinema di Venezia del Green Drop Award 2014 per il film The postman’s white nights e sua moglie Julia Vysotskaya, attrice, presentatrice tv, blogger gastronomica e autrice di best-seller culinari, incontrano le ricercatrici del MedEatResearch a Napoli per raccontare il ruolo del cibo nella propria vita, lo stile alimentare che prediligono, i cibi italiani che amano – dalla mozzarella, al “cuzzetiello” (la crosta) del pane napoletano, alla pasta aglio olio e peperoncino – e ricostruire la propria originale immagine di Dieta Mediterranea, intesa da Končalovskij soprattutto come modo di vivere rilassante, ovvero “dolce far niente”.
Antonio Biasiucci
La natura delle cose
Quando si pensa ad Antonio Biasiucci affiorano subito alla mente le foto dei suoi pani. Per lui il pane è il soggetto ideale per parlare della vita, della creazione, della nascita, di sua madre – figlia di allevatori – che il pane lo ha sempre fatto in casa. I suoi lavori trascrivono in chiave poetica il mondo rurale dell’infanzia trascorsa a Dragoni, nell’entroterra campano, ma traggono ispirazione anche dall’effervescenza della metropoli che ha vissuto fin da quando era poco più che adolescente. Napoli rimane nel suo immaginario “una grande pentola di ragù che bolle”.
Ha raccontato il rituale del sacrificio del maiale dal punto di vista dell’animale, fra i vapori evanescenti dell’acqua calda che aiuta ad estirpare le setole, e le vacche, fotografate nella stalla di sua zia, sono state il pretesto per esercitarsi a cercare “l’essenziale”, secondo gli insegnamenti del drammaturgo, attore e regista teatrale Antonio Neiwiller. Alla ricerca della “natura delle cose” Antonio Biasiucci ha seguito fino in India questi animali che considera più mitici che sacri. Non è vegetariano per scelta, gli piace identificarsi nella definizione “fotografo di terra” e non gli piace elaborare nulla di artificiale, né in camera oscura, né in cucina. Le sue petite madeleine sono i cavati fatti in casa e le pizze fritte zuccherate.
Peppe Barra
Teatro, musica e ragù
Peppe Barra è uno dei protagonisti del recupero della tradizione popolare musicale e teatrale napoletana che nei suoi spettacoli contamina sapientemente con i moderni ritmi del Mediterraneo. È interprete magistrale di canzoni, tammurriate, liriche teatrali e poesie.
Nasce a Roma il 24 luglio del 1944 da genitori napoletani entrambi attori. La madre Concetta, esponente di rilievo del teatro popolare novecentesco, lo inizia alle arti dello spettacolo. Il padre Giulio, artista di varietà e fantasista, è un modello da imitare anche in cucina. Ma la vera musa ispiratrice di tutti i suoi ricordi culinari è la nonna materna. I ricordi più vividi sono quelli evocati dalla memoria olfattiva degli “intingoli magici” che la nonna preparava sul focolare domestico, nella casa procidana a picco sul mare, o sul forellino di fortuna alimentato dalla spiritiera che veniva approntato all’uopo nei camerini dei teatri durante le tournée della mamma; ma anche gli effluvi che uscivano dalle cucine dei bassinapoletani e che nel Dopoguerra scandivano le stagioni: la pasta con i piselli o con le fave in Primavera, l’odore delle conserve di marmellata e quello del concentrato di pomodoro fatto seccare sui tetti delle case d’Estate. Quel concentrato rendeva disponibile per l’Inverno il sapore dell’Estate ed era l’ingrediente indispensabile del ragù di una volta, quello marrone, condito con amore, da mangiare solo con gli ziti spezzati a mano, che Peppe ha avuto il privilegio di gustare a casa di celebrità come Eduardo de Filippo e Roberto Murolo. Cuoco appassionato e cultore della “vera, bella, buona cucina italiana”, Barra critica duramente la Nouvelle Cuisine e le trasmissioni televisive che sviano il palato e lo spirito dai sapori tradizionali. La cucina – dice – è soprattutto alchimia.
Peppe Barra
Teatro, musica e ragù
Peppe Barra è uno dei protagonisti del recupero della tradizione popolare musicale e teatrale napoletana che nei suoi spettacoli contamina sapientemente con i moderni ritmi del Mediterraneo. È interprete magistrale di canzoni, tammurriate, liriche teatrali e poesie.
Nasce a Roma il 24 luglio del 1944 da genitori napoletani entrambi attori. La madre Concetta, esponente di rilievo del teatro popolare novecentesco, lo inizia alle arti dello spettacolo. Il padre Giulio, artista di varietà e fantasista, è un modello da imitare anche in cucina. Ma la vera musa ispiratrice di tutti i suoi ricordi culinari è la nonna materna. I ricordi più vividi sono quelli evocati dalla memoria olfattiva degli “intingoli magici” che la nonna preparava sul focolare domestico, nella casa procidana a picco sul mare, o sul forellino di fortuna alimentato dalla spiritiera che veniva approntato all’uopo nei camerini dei teatri durante le tournée della mamma; ma anche gli effluvi che uscivano dalle cucine dei bassinapoletani e che nel Dopoguerra scandivano le stagioni: la pasta con i piselli o con le fave in Primavera, l’odore delle conserve di marmellata e quello del concentrato di pomodoro fatto seccare sui tetti delle case d’Estate. Quel concentrato rendeva disponibile per l’Inverno il sapore dell’Estate ed era l’ingrediente indispensabile del ragù di una volta, quello marrone, condito con amore, da mangiare solo con gli ziti spezzati a mano, che Peppe ha avuto il privilegio di gustare a casa di celebrità come Eduardo de Filippo e Roberto Murolo. Cuoco appassionato e cultore della “vera, bella, buona cucina italiana”, Barra critica duramente la Nouvelle Cuisine e le trasmissioni televisive che sviano il palato e lo spirito dai sapori tradizionali. La cucina – dice – è soprattutto alchimia.
Mimmo Jodice
L’appetito vien guardando
Il senso privilegiato di Mimmo Jodice è senza dubbio la vista ma “l’esercizio del vedere – dice – predispone al gusto e amplifica il piacere del cibo”. Ricorda l’infanzia trascorsa nel centro antico di Napoli nel periodo difficile del dopoguerra e alcuni rituali legati al focolare domestico: l’odore dei chicchi di caffè che abbrustolivano, i cibi delle feste. Ha nella memoria immagini vivide del pollo sacrificato per il pranzo domenicale e dello scannatore professionista incaricato dell’esecuzione degli agnellini pasquali nel quartiere Sanità. Rimpiange soprattutto la stagionalità dei cibi di una volta ma la sua madeleine rimane il pane sale e olio, un piatto semplicissimo che ama ancora mangiare a colazione. Il Mediterraneo è una delle sue fonti d’ispirazione ricorrenti. Ripensandolo come culla della Dieta Mediterranea evoca il sole, il mare, i profumi, la terra, gli antichi uliveti che sembrano sculture, i vigneti, le botti, il vino rosso, le feste del grano, ma pensa anche ai segni dei cibi mediterranei nelle nature morte barocche che l’hanno ispirato nelle fotografie della serie Eden e al lavoro desiderato sui pani mediterranei, progettato con l’amico Predrag Matvejević e poi rimasto incompiuto.
Ernest Pignon Ernest e Yvette Ollier
Sulle onde del Mediterraneo fra ratatouille niçoise e fiori di zucca napoletani
Ernest Pignon Ernest è nato a Nizza e ha vissuto a lungo in quella città, tanto mediterranea quanto Napoli. Nella città partenopea è arrivato negli anni Ottanta e ha raggiunto la fama per le affissioni notturne di cristi, madonne, santi – ispirati alle tele di Caravaggio, Mattia Preti, Massimo Stanzione e Luca Giordano – sulle pareti degli edifici del centro storico, per le strade, nel cuore pulsante della vita urbana. Come pochi è riuscito a instaurare un rapporto epidermico con la città, a penetrarne lo spirito barocco. Le sue opere, benché effimere, hanno lasciato un segno indelebile nella memoria dei napoletani. Forse perché Pignon ha saputo esprimersi attraverso quella “retorica della meraviglia” che a Napoli, più che altrove, fonda la comunicazione. Ha amato molto la cucina locale: i “ciurilli”, fiori di zucca ripieni di ricotta sono la sua madeleine.
Yvette Ollier, sua compagna di vita e di avventure artistiche, originaria di Saint Étienne, è stata attrice teatrale ed è autrice di documentari e serie tv sulla cucina come D’après nature, sulla storia dei frutti e dei legumi e Des Goûts et des Couleurs che raccoglie 15 ricette di cucina tradizionali di diverse parti del mondo.
Ernest Pignon Ernest e Yvette Ollier
Sulle onde del Mediterraneo fra ratatouille niçoise e fiori di zucca napoletani
Ernest Pignon Ernest è nato a Nizza e ha vissuto a lungo in quella città, tanto mediterranea quanto Napoli. Nella città partenopea è arrivato negli anni Ottanta e ha raggiunto la fama per le affissioni notturne di cristi, madonne, santi – ispirati alle tele di Caravaggio, Mattia Preti, Massimo Stanzione e Luca Giordano – sulle pareti degli edifici del centro storico, per le strade, nel cuore pulsante della vita urbana. Come pochi è riuscito a instaurare un rapporto epidermico con la città, a penetrarne lo spirito barocco. Le sue opere, benché effimere, hanno lasciato un segno indelebile nella memoria dei napoletani. Forse perché Pignon ha saputo esprimersi attraverso quella “retorica della meraviglia” che a Napoli, più che altrove, fonda la comunicazione. Ha amato molto la cucina locale: i “ciurilli”, fiori di zucca ripieni di ricotta sono la sua madeleine.
Yvette Ollier, sua compagna di vita e di avventure artistiche, originaria di Saint Étienne, è stata attrice teatrale ed è autrice di documentari e serie tv sulla cucina come D’après nature, sulla storia dei frutti e dei legumi e Des Goûts et des Couleurs che raccoglie 15 ricette di cucina tradizionali di diverse parti del mondo.
Riccardo Dalisi
Derive creative in pasta “a vela”
Riccardo Dalisi è nato a Potenza nel 1931, ma ha vissuto a Napoli fin dalla primissima infanzia. È architetto, designer, pittore, scultore, poeta. Gli piace definirsi un contaminatore, contaminato, contaminante. La sua inesauribile creatività si riassume nel motto “Progettare senza pensare” che – come ci spiega – è ispirato a Wittgenstein e vuol dire “pensare liberamente col corpo”, “sentire fluire le emozioni nel plesso solare”. È stato definito un designer atipico perché più che progettare oggetti, riesce ad animarli e li fa diventare protagonisti di favole figurative immaginifiche. “Totocchio”, nato dall’unione fra Totò e Pinocchio, è il suo eroe in forma di caffettiera che assume identità sempre nuove. Le sue memorie alimentari lucane sono legate alla pasta fresca fatta in casa: gli “strascnar” (strascinati) e le “recchietell” (orecchiette), ma anche alle grandi forme di pane che si potevano affettare solo con un grande coltello, poggiandole su una spalla. I cibi che oggi ama di più sono il caffè – che beve “amaro con tanto zucchero” – il cioccolato – con cui vorrebbe costruire delle case – e la pasta in tutte le forme, soprattutto gli spaghetti che lo ispirano perché sono così elastici da riuscire a danzare.
Lucio Allocca
I profumi che evocano sensazioni: i ricordi di un attore
Lucio Allocca, attore, regista di opere televisive e teatrali, insegnante di recitazione nasce a Napoli il 5 Luglio 1943. Racconta dei suoi ricordi legati alla tradizione napoletana e li mescola con l’arte teatrale. Dalla Tabernaria al casatiello: i ricordi di quando era bambino e nel periodo pasquale la sua casa veniva sommersa dal profumo del casatiello che si mescolava con le mille essenze della pastiera e il ricordo dei tagliolini fatti in casa e lasciati asciugare all’aria. Racconta della sua esperienza teatrale vissuta con Eduardo e Peppino De Filippo e del suo ruolo di Otello in Un posto al sole. Il piatto più difficile da preparare? Lo spaghetto al pomodoro fresco. Lascerà un dubbio sulle modalità della cottura dell’uovo sodo.
Lucio Allocca
I profumi che evocano sensazioni: i ricordi di un attore
Lucio Allocca, attore, regista di opere televisive e teatrali, insegnante di recitazione nasce a Napoli il 5 Luglio 1943. Racconta dei suoi ricordi legati alla tradizione napoletana e li mescola con l’arte teatrale. Dalla Tabernaria al casatiello: i ricordi di quando era bambino e nel periodo pasquale la sua casa veniva sommersa dal profumo del casatiello che si mescolava con le mille essenze della pastiera e il ricordo dei tagliolini fatti in casa e lasciati asciugare all’aria. Racconta della sua esperienza teatrale vissuta con Eduardo e Peppino De Filippo e del suo ruolo di Otello in Un posto al sole. Il piatto più difficile da preparare? Lo spaghetto al pomodoro fresco. Lascerà un dubbio sulle modalità della cottura dell’uovo sodo.
Pasquale Scialò
L’acustica del cibo
Pasquale Scialò, compositore e musicologo napoletano, insegna Pedagogia della musica presso il conservatorio “G. Martucci” di Salerno, Etnomusicologia e Storia della Musica presso l’università “Suor Orsola Benincasa” di Napoli. All’attività di insegnamento affianca una fervida attività di produzioni musicali destinate al teatro, al cinema, alla televisione. Ci racconta il suo rapporto con la tradizione gastronomica. Relazione che egli definisce forte ma trasformativa, data la sua passione per l’innovazione in cucina. Un esempio tra tutti, il ragù di polpo e in generale tutte le versioni “marittime” di piatti tradizionali a base di carne. Sorprendenti e innumerevoli le analogie tra la tradizione gastronomica e quella musicale, entrambe fortissime nella cultura napoletana. Dai “tempi” di cottura alla “intensità” di un piatto, l’analogia con la musica appare evidente. E non solo con la musica. Il compositore ricorda, infatti, tutti i “rumori” legati alla cucina della sua infanzia, una vera e propria acustica del cibo che egli definisce “atmosfera sonora”.
Michele Iodice
L’identità culinaria di un artista del Rione Sanità
Michele Iodice, in una intervista rilasciata agli studenti di Scienze Gastronomiche Mediterranee del Dipartimento di Agraria dell’Università di Napoli II, racconta come il cibo può essere l’indissolubile anello di congiunzione tra la sua arte e il suo quartiere.
Michele Iodice
L’identità culinaria di un artista del Rione Sanità
Michele Iodice, in una intervista rilasciata agli studenti di Scienze Gastronomiche Mediterranee del Dipartimento di Agraria dell’Università di Napoli II, racconta come il cibo può essere l’indissolubile anello di congiunzione tra la sua arte e il suo quartiere.
Luigi Di Gianni
La semplicità dei gusti casalinghi e popolari
Diplomato al Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma nel 1954, prolifico regista di film documentari e docente universitario, Luigi Di Gianni vince nel 1958 il primo premio al Festival di Venezia con Magia Lucana, documentario che vanta la consulenza scientifica di Ernesto de Martino.
Sue rassegne sono state tenute presso gli Istituti Italiani di cultura di Vienna, Monaco, Colonia, Amburgo, Copenaghen, Stoccolma, Helsinki.
Alla Berlinale 2002 è stato presentato un programma retrospettivo di cinque suoi documentari.
I suoi ricordi legati al cibo sono una koinè delle terre remote del Sud e la zona di Terra di Lavoro: la Campania e la Basilicata sono unite da una scia di odori e sapori semplici, come il pane e la farina, i pomodorini di collina e il peperoncino calabrese. Attraverso aneddoti e memorie dal sapore cinematografico, il regista ricostruisce un’identità culinaria di un Sud dimenticato dagli anni ’50 ad oggi.
La semplicità di gusti casalinghi e popolari è, nelle parole di Di Gianni, una metafora dell’esistenza: “Pane – afferma Di Gianni – quale elemento spirituale e materiale”.
Isa Danieli
Dalla crema di piselli alla pasta
Isa Danieli nasce a Napoli il 13 marzo 1937. Figlia d’arte (sua madre, Rosa Moretti era una cantante, suo padre, Renato Di Napoli, era un attore), si definisce figlia dell’amore. Da bambina a causa della guerra è costretta a vivere in collegio dove il suo ricordo peggiore è legato alla storica polvere di piselli di provenienza americana. A soli quindici anni abbandona gli studi per seguire la carriera di attrice e così inizia una escalation che ancora oggi la vede applaudita e stimata attrice sempre in tournée in giro per l’Italia e altrove. In teatro ha recitato con Eduardo De Filippo, suo grande maestro e iniziatore all’arte teatrale che le ha lasciato innumerevoli ricordi, tra cui il divertente episodio della “pasta croccante” consumata durante uno spettacolo. In TV l’abbiamo vista impegnata in spettacoli di prosa con il teatro di Eduardo e in fiction come Capri dove si è cimentata nell’arte culinaria svelandoci la sua famosa ricetta della zuppa di pesce.
Isa Danieli
Dalla crema di piselli alla pasta
Isa Danieli nasce a Napoli il 13 marzo 1937. Figlia d’arte (sua madre, Rosa Moretti era una cantante, suo padre, Renato Di Napoli, era un attore), si definisce figlia dell’amore. Da bambina a causa della guerra è costretta a vivere in collegio dove il suo ricordo peggiore è legato alla storica polvere di piselli di provenienza americana. A soli quindici anni abbandona gli studi per seguire la carriera di attrice e così inizia una escalation che ancora oggi la vede applaudita e stimata attrice sempre in tournée in giro per l’Italia e altrove. In teatro ha recitato con Eduardo De Filippo, suo grande maestro e iniziatore all’arte teatrale che le ha lasciato innumerevoli ricordi, tra cui il divertente episodio della “pasta croccante” consumata durante uno spettacolo. In TV l’abbiamo vista impegnata in spettacoli di prosa con il teatro di Eduardo e in fiction come Capri dove si è cimentata nell’arte culinaria svelandoci la sua famosa ricetta della zuppa di pesce.
Ugo Gregoretti
Dal pollo ruspante alla globalizzazione
Ugo Gregoretti, classe 1930, è stato intervistato il 26 aprile 2012.
Regista e autore televisivo negli anni del cosiddetto “boom economico”, Ugo Gregoretti racconta la sua Italia.
Un paese che si costruisce – e divide – a tavola. Nato a Roma nel 1930, si trasferisce adolescente a Napoli, dove più tardi incontra la donna che diventerà sua moglie. La memoria degli anni della guerra è cadenzata dalla polenta e dal castagnaccio, cibi simbolo di una Italia “povera, gentile e solidale”. Nel dopoguerra scopre la gastronomia napoletana: i roccocò, il timballo di maccheroni con crosta dolce, la pizza di scammaro, le cassatine e la meat on vegetables, uno spezzatino di carne con ortaggi sbarcato nel capoluogo campano insieme agli americani. Nel 1953 Ugo Gregoretti prende servizio alla Rai, solo un mese dopo nasce il servizio radiotelevisivo italiano ufficiale. Sono gli anni dei documentari. Il primo risale al ’55, si tratta di “Piazza San Marco”. Seguono “La Sicilia del gattopardo” (1960), “Controfagotto” (1961) e “I nuovi angeli” (1962). Nel ’63 firma l’episodio “Il pollo ruspante” del film collettivo “Rogopag” in collaborazione con Rossellini, Godard e Pasolini, autore, quest’ultimo, del celebre episodio “La ricotta”.
Gregoretti spiega di aver utilizzato il “pollo ruspante” come metafora della società dei consumi in cui i cibi, come le altre mercanzie, sono fatti in serie e il pollo di campagna, libero e non antibioticizzato, non si trova più. La tradizione alimentare partenopea fa ancora incursione nella sua vita quando sul set di “Le belle famiglie” (1965) Totò lo invita ad un banchetto improvvisato, con tanto di governante e legumiera, ad assaporare il puparuolo – peperoncino verde campano. Ultime riflessioni di Ugo Gregoretti sul mondo della gastronomia contemporanea emergono dal confronto tra “Viaggio nella valle del Po’” di Mario Soldati e le trasmissioni televisive condotte da Antonella Clerici.